Andrea Belfi è personaggio molto frequentato nell'underground italiano, ora elettroacustico ed ora rock. "Between neck & stomach", per quanto ne so io, è il frutto di un lavoro molto travagliato e forse gelosamente custodito nei suoi cassetti, dato che l'arco temporale della sua composizione si estende dal 2002 al 2005, ed è probabilmente il prodotto di diverse riprese. Il disco è stato sviluppato in un periodo: - 2003 -, in cui iXem appariva come scena elettroacustica collettiva, unica ma principalmente pluralistica, periodo in qualche modo susseguito da una serie di esperienze molteplici che hanno visto il consolidarsi di molte realtà italiane che hanno pubblicato all'estero, e che l'hanno fatto sganciandosi in buona parte dai meandri di basse frequenze droniche che quella prima realtà /emanazione di "Superfici sonore" conteneva. Buona parte di quei musicisti che al tempo avevano già pubblicato, o stavano per pubblicare qualcosa, hanno abbandonato i panni di impegnati escursionisti del lowercase per impugnare strumenti acustici, folk, con un pallino principale: riscrivere, sempre con un apporto computeristico, un nuovo modo di riscrivere la massa sonora: vale a dire l'elaborazione di una forma compiuta di 'canzone', l'interesse per la costruzione armonica, l'innesto percussivo e molto altro. Si tratta di un fenomeno che ha preso piede non a caso con il primo 3/4hadbeeneliominated, poi si è manifestato in talune opere del Rocchetti, del Pilia, di Rinaldi, di Ielasi... Quello che prima era l'uso di uno strumento o di un ambiente soltanto, si è fatto carico di un quantitativo di tecniche, di modi, di strumentazioni sempre più varie, tra analogia, musica digitale, riassestamento computeristico, field recordings, dando vita ad una vera e propria manifestazione materica che si sta a sua volta agganciando ad un fenomeno mondiale che è la riscoperta del folk, l'interessamento al tribalismo, alla techno, all'elettroacustica intesa come riadornamento spaziale del suono. E Belfi appartiene a tutto ciò perchè questo suo lavoro, nonostante i tempi di progettazione, che forse presagivano molto anticipatamente quanto citato, esce solo ora, e non suona 'vecchio'. A differenza del ¾, la batteria percossa da Belfi, si fa più dinamica: materia d'accompagnamento ma anche sorgente di funzione lirica, e considerandone i collaboratori, potrebbe non a caso, essere un ulteriore disco, nè più bello nè più brutto del 3/4hadbeeneliminated. E` un disco che si muove tra sfumature non troppo lisergiche, dislocazioni microfoniche che lo rendono spazializzante e con profondi effetti di tridimensionalità , intecci chitarristici liberi con molte pause riflessive. Un disco in parte improvvisato, in parte più umano e fragile di quelli citati e che lascia spazio al lowercasing o al tuorato max/msp se non una parte marginale o di missaggio, in favore dell`intero lavoro 'fisico' che c'è dietro. Da segnalare lo sliding enormemente ispirato dell'ultimo pezzo e gli interi fraseggi di batteria hawaiana. E tutto il lavoro di Tricoli in veste di produzione, che era lo stesso che aveva reso il Kranky di Dean Roberts un gran lavoro (dal momento che ascoltato dal vivo, in solo, faceva piangere!).
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