Alva Noto indossa calzini bianchi e mocassini aderenti: il bianco aderisce; filtro ideale, semantica oscena della robotica, frusta virile. I fonici dei Sailor Moon, disfunzione sincronica dell'SM-58, 414, SM-57, cardioide, C-1000, D-112. I rapporti sono un equivoco, logica dell'indiscernibile leibniziana, random gente affettata, iperboli di altri fogli non pronunciati, alterità in cui la parola dissimula, orbite longitudinali. 'Andare a letto per me significa andare a dormire', ed il motivo e l'emotivo s'incrociano, segni De Saussuriani di porte, incroci, potenziali agganci logici, insediamenti logici. Causazioni e case, caso di canzoni; ed Alva Noto è a letto, dorme: l'hip-burp non è il suo forte, benchè 'è la metafora il forte'. E di apostoli, di progenie se ne fanno nel circuito dell'elettronica bianca, nel noise bianco e ricade qui, in questo nuovo Uochi Toki, disco portentosamente curato, fino all'inverosimile, meno rozzo, ma non per questo meno dolente del primo lavoro. Psicanalisi: 'Noi chi siamo, chi siamo? Siamo merda'. Stomaci 'non raviolabili', giacchè 'siamo come degli atomi che compongono molecole' mentre nel sottofondo il grigliarsi parossistico di un'emulazione vocale ed il brano deve pur finire sul 'metaforizzare', e Le metafore si conclude così. Non sono Mezzi di trasporto quanto piuttosto l'eminenza che emerge dentro la voce: si tratta di un messaggio che si può riconciliare con la pronuncia, lo schiacci, l'ammanti, eppure emerge come una doppia metafore, un double blind sì osceno, numerico. Osservazioni della realtà sono Uochi Toki. Anche la copertina è una croce trasversale di Franko B. in cui geografie iniziali/iniziatiche partono come un'epigrafe continuativa: non si leggono titoli, ma è il mondo che emerge; e basta ascoltarlo. L'hip-Drop è un messaggio, talvolta ha assonanze con la 'deiezione', ovvero 'puntigli' in cui emergono metafore da 'oratorio', pensieri da ribadire. E` impossibile questo rivolgimento linguistico in questa recensione che non vuole dire niente perchè parte da calzini bianchi, Alva Noto è la metafora del digitale che si sgretola e la parola semmai è la metafora di un'altra parola! L'estetica non è quella che fanno in TV, tanto per piacere agli Hip-Bloggers, 'ma una ruota con quattro teste di ragazze diverse'. Incredibile questo dromedario di linguistica applicabile: non ci sono paesaggi, persone, musiche; si tratta solo di offese, in cui 'il cantore' si pone come un santuario totemico di fronte all'oltraggio della parola, la trascrive, la distrugge e getta troppa diarrea in faccia a coloro che l'ascoltano. In questo tutto il disco che stiamo ascoltando consiste in un atto di automasochismo che sta a metà tra la pratica paternalistica-declamatoria e la critica della morale (in)attiva. E` musica polisemia e polemica: una serie di disastri che s'infliggono all'orecchio, e sono tutti gratuiti, e Uochi Toki ha la massima gratuità del gratuito e bisogna stroncare dischi del genere per amarli alla follia. Le città sono tutte uguali, sì copro-genia ovunque, rabbia un po' ovunque, ma si tratta di parole. E` bello leggere le parole, bello sentirsele sputare in faccia, ma quanti cristalli randagi come se il tema fosse solo 'la lotta'; ma non è un romanzo di Houellebecq. A volte le storie raccontate sono belle da sentire ma bisogna costatarne l'onticità invisibile che le regge, accettarne la datità che le interrompe quando non esisteranno più a cantare. In dischi come questi l'onticità diventa la promanazione dell'individualità e questi individui devono per forza esistere come figure storiche, e quindi tutto è tutto, e l'uno è tutto. Per comprendere questa recensione bisogna ascoltare troppe volte questo disco, bisogna sputarci sopra questa recensione, perchè non si possono recensire parole soprattutto quando mancano i fondamenti del sonoro. Belle parole, non c'è da dire, belle per un libro, e belle per un disco. Ed Alva Noto è nel Rem, e se bussi otto volte alla sua porta dorme ed è contento di dormire. Appare inderogabile talvolta il tributo che si versa sul sangue della musica: alcuni dischi sono epifanie, tutto quello che parte da lì è segnato a significare un luogo che parte altrove da sé: eppure i dischi vivono; basta traslare la metafora della sinergia oggettuale di Noto e trasformarla in un disco di Hip-hop deragliante come in questo caso. La musica è una cosa che nasce sempre come una metafora, volerla condensare in messaggi è operazione rischiosa, se non altro rischiosissima. E` come condensare il cielo in una stanza, e le metafore sono sempre illeggibili perchè puntando all'autoriferimento implodono nella diacronia del soggetto. Uochi Toki ha un'imprescindibile logica fantapolitica: è un disco che io ascolterei a 15 anni ma dovrei rinascere nuovamente ed è quindi è un bel disco che mi riporta a tutte quelle idee che diventano stirneriane mentre nel passatismo revisionistico erano marxiste. Bisogna avere coraggio a pronunciarle: non è impresa facile. Per un gruppo del genere qualsiasi recensione, qualunque testo sarebbe inesatto, inconcludente, dato che questa musica è il testo stesso: sono brevi e pungenti storie che vanno studiate, sono poesie urbane compiacenti, un po' retrò, sono asili filosofici per poppanti allo sbaraglio, ma solo 'asili' perchè la grammatica aulica è altrove e se la fai 'alta' sei fuori se la fai bassa 'sei urbano'. E questa recensione è un messaggio criptato, perchè si vendono troppi (pochi) dischi inutili e questo è quello utile, ma prima bisogna superare un po' i manuali scolastici, le rabbie antiche, gli inciuci adolescenziali, qualche fenomeno di ribellismo sociale. E` bello il massacro che confà l'oscenità denunciata dei testi, ma è una rabbia interna; certo se fosse esterna sarebbe inumana, ma poichè è interna si ciba di qualcosa che si sfrena e si consuma dentro il linguaggio che risarcisce le sue inconcludenze. Per conoscere il nemico bisogna usare il suo linguaggio? Per descrivere il reale bisogna a forza di cose denunciarlo alla sua stregua? Per descrivere l'orrido bisogna pignorare il temibile che ci scontenta? Bel disco, molto utile quando si sceglie l'Università e si è bravi bravi cari studenti. Ai diciottenni piace; se ci aggiungi l'estetica del calzino di Noto, piace anche ai neo-avanguadisti digitali stanchi di ascoltare messaggi del terzo spazio privi di parole intriganti come queste.
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