Autore disco: |
Otomo Yoshihide`s New Jazz Orchestra |
Etichetta: |
Doubt Music (J) |
Link: |
www.doubtmusic.com |
Formato: |
CD |
Anno di Pubblicazione: |
2005 |
Titoli: |
1) Hat And Beard 2) Something Sweet, Something Tender 3) Gazzelloni 4) Out To Lunch 5) Straight Up And Down ~ Will Be Back |
Durata: |
57:20 |
Con: |
Otomo Yoshihide, Axel Dörner, Aoki Taisei, Tsugami Kenta, Okura Masahiko, Alfred Harth, Mats Gustafsson, Ishikawa Ko, Sachiko M, Nakamura Toshimaru, Unami Taku, Takara Kumiko, Cor Fuhler, Mizutani Hiroaki, Yoshigaki Yasuhiro |
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rivoluzione nella rivoluzione |
x e. g. (no ©) |
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Nella mente di Otomo Yoshihide non c`è stata mai carenza di idee balzane, ma questa le supera tutte: reinterpretare per intero un disco come “Out To Lunch” di Eric Dolphy, uno di quei classici che più classico non si può, è un` progetto che poteva prendere avvio solo nella testa di un `folle`. E` un`impresa talmente titanica che, senza bisogno che lo dica io, sembra preludere già nelle premesse ad un risultato sterile se non addirittura ad un fallimento ineluttabile. E invece no, il genialoide giapponese ha il sopravvento sulle più funeste previsioni e mette a punto un`opera epocale. Otomo, non nuovo ad esperienze simili (valgano da esempio “Revolutionary Pekinese Opera” e “Plays Standards” dei suoi Ground-Zero), gioca la partita in azzardo, senza cercare scomode ed inutili posizioni di equilibrio destinate a rovinose cadute, ma sbilanciandosi pesantemente da una parte e dall`altra: ora sembra portare il massimo rispetto alle classiche geometrie dolphiane, per scompaginare poi il tutto con dosi di irriverente anarchia o di (f)utili silenzi. Ma perchè non è andato a scegliere un disco della new thing, e ne avrebbe trovati a bizzeffe, più indirizzato verso il caos, e ha scelto invece l`opera massima dell`autore più rigoroso riscontrabile all`interno di quel movimento? I risultati, se pur è impossibile stare nella testa di Otomo e nelle sue intenzioni, parlano chiaro e il suo “Out To Lunch” è altrettanto rigoroso di quanto lo era quello dolphiano; perchè la sua non è una rilettura, una riscrittura o una reinterpretazione, almeno non intesa in senso tradizionale, ma è bensì quello che nella cultura musicale contemporanea viene definito come un `remix` (e proprio l`arte del remix è un elemento fondamentale nel percorso musicale di Otomo), con l`unico particolare non indifferente che nell`occasione il lavoro di `remixaggio` viene effettuato senza utilizzare marchingegni elettro-elettronici ma una quindicina di strumentisti in carne ed ossa diretti (`manipolati`) da Otomo come fossero altrettanti tasti di macchine poste sopra un tavolo di missaggio. Il rigore di Otomo si spinge fino all`utilizzo di tutti gli strumenti presenti nell`originale (sassofono alto, clarone, tromba, vibrafono, contrabbasso e batteria), prendendosi un`unica libertà con il flauto che nel disco di Dolphy era in metallo e nella ONJO è in bambù (e non a caso il brano più rimaneggiato è proprio quello in cui veniva usato il flauto, cioè Gazzelloni). Questi strumenti emergono a tratti in brevi linee, o tracciano stralci tematici che, nel caso di un remix reale, avremmo potuto definire come `campioni`. Per il resto v`è un lavoro di addizione, sottrazione e variazione al cui interno è difficile distinguere l`opera originale. Tali operazioni non vanno comunque ad aggiungersi alla scrittura dolphiana, ma si infiltrano all`interno dei suoi pori, si miscelano con essa, a formare un`opera sostanzialmente nuova. Tutto questo mi fa pensare al nuovo “Out To Lunch” come ad un`impresa epocale, alla stessa maniera in cui lo era stata la vecchia versione dolphiana; e questa, come lo era quella, sono entrambe opere da consumare al di fuori dei pasti.
Otomo... Otomo... Otomo... ma il disco di Dolphy lo conoscete?
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