Seconda prova per i marchigiani Sedia, a due anni dall'omonimo disco prodotto da Mirko @ Wallace.
Le 7 tracce del nuovo "The Even Times" già dall'inizio si manifestano in tutta la loro forza claustrofobica, forza che disorienta...... come una 'bestia malridotta' e dall'incedere alterato, nelle quali si percepisce un senso del drammatico, dell'ombroso, dove il percussivo poliritmico reiterato senza tregua, collide con le note cupe del basso che hanno un sentore di 'organico', mentre le dinamiche chitarristiche si rivelano immediatamente ansiogene e doloranti come nervi scoperti.
I tre ragazzi propongono, in piena lucidità (?), una miscela di noise/industrial interamente strumentale di stampo istintivo/improvvisativo, dove tutto l'armamentario si articola aggrovigliandosi e sovrapponendosi come in una affannata scalata piena di spigoli e angoli impervii.
Rispetto al primo album le strutture appaiono, anche nel clangore assoluto, un tantino più meditate, e solo per pochi istanti si avvertono stati di quiete, ma si passa subito a repentini e fuorvianti cambi di scena, a volte cadenzati, altre più vicini al free-form che danno maggior risalto anche alle dissonanze di fondo, anticipatrici di lunghi loop oscuri (Das kabinett des doktor Magistralisss); in altri casi (C'era una volta il Rizoma), accenti ferrigni e frenate brusche fanno da contrappunto all'umida condensa delle distorsioni.
In Foret des mimoses, che conclude l'album, assistiamo a un andamento quasi da carnevale brasiliano estremizzato, eccentrico e poliritmico, che va allontanandosi vorticosamente verso un dissonante, compiuto 'delirio sacrificale'.
Sembra proprio che "The Even Times" abbia i piedi ben affondati nel trascorso musicale di Laddio Boloko, Bastards, Turing Machine, Ruins, Sabot o i recenti Chevreil, Lighting Bolt etc.
Perchè non utilizzare Canissius per girare un corto dalle tinte noire/splatter, con tanto di inseguimento e finale cruento, in perfetta coerenza, col suo andamento, sospeso tra elegante tensione e selvaggia brutalità ?
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