Recensire questo disco per me ha significato innanzitutto mettere alla prova la mia pazienza. Questo non perchè si tratti di un disco noioso o brutto. Semplicemente è qualcosa che non è decisamente un invito all'ascolto. Un po' come sforzarsi di resistere ad imparare qualcosa di molto difficile; un po' come allenarsi a ripetere a memoria un frase in russo di cui non si conosce il significato.
Non aspettatevi però estremismi noise o scomposizioni dissonanti... in fondo si tratta di canzoni: ritmo, voce, melodia. Come poi si strutturino questi tre elementi, gli strumenti da cui vengono fuori, il suono che hanno, è un altro discorso.
Di certo il disco è lo-fi, registrato con una certa povertà di mezzi, cestini della spazzatura percossi e rantolanti filtri per voce, con in più amenità di vario genere. Quasi sempre c'è anche una chitarra, suonata anche in modo normale (Les geraniums), con voce maschile e femminile, in piena tradizione da chanteurs francesi, senza alcuno schizzo di follia. Come quando il matto ti parla dritto negli occhi di qualcosa di serio e vero, ed allora pensi 'Allora è matto davvero, e non è scemo'.
Brani come la traccia 2, in tre parti, per un totale di 8:21, molto ripetitiva, davvero sembrano far pensare ad un autore dimentico degli ascoltatori.
Il disco quindi a me non piace ascoltarlo, ma non per questo posso sconsigliarlo. E` originale (sebbene forse il modello di riferimento più diretto siano certo i Residents e - addirittura - gli eccessi ritmico vocali dell'ultimissimo Tom Waits) ed è davvero pieno di idee scombussolate.
In coda, pure un remix in odore orientale (), ma non prima di sproloqui infantili (Mange du caca) ed una a suo modo struggente cover della celeberrima In a Manner of Speaking dei Tuxedomoon. L'ha rifatta pure quel marpione imbellettato di Martin Gore... be', sarò matto pure io, ma mi piace di più questa di David Fenech, anche se la vedo dura riproposta negli stadi con l'ukelele come qui...
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