Teniamo sempre l`occhio puntato sugli svantaggi portati dall`esplodere delle autoproduzioni - troppi CD che escono, qualità spesso scadente, ecc. - e raramente ci fermiamo ad analizzarne gli aspetti positivi. Fra questi c`è sicuramente una tendenza piuttosto accentuata alla ricerca di strade personali in grado di far emergere i singoli lavori dal marasma generale: più vasta è la concorrenza e più vivace è questo tipo di ricerca. Fra i tanti elementi in grado di caratterizzare oggi una creazione musicale c`è l`utilizzo e la riscoperta di strumentazioni antiche. Questo tipo di sperimentazione può manifestarsi in modo affatto diverso:
• utilizzo e/o riesumazione di oscuri strumenti appartenenti a qualche tradizione popolare o che non hanno mai superato lo status di semplice curiosità ;
• reinvenzione di strumenti storici attraverso modifiche personalizzate, preparazioni, elettrificazione, ecc.;
• elaborazione del suono di questi strumenti attraverso processi digitali e/o elettroacustici e, infine;
• semplice manipolazione acustica ed utilizzo non convenzionale di tali strumenti.
Questi due dischi appartengono all`ultima categoria.
Il basso tuba fa parte della famiglia degli ottoni e la sua invenzione viene fatta risalire alla Germania del primo Ottocento. Come strumento ebbe un grosso utilizzo sia nella musica `colta`, soprattutto nelle grandi orchestre, sia in quella popolare. E` stato un elemento insostituibile nelle bande paesane e, prima di venire spodestato dal contrabbasso, nelle orchestrine jazz dove svolgeva un ruolo prevalentemente ritmico. Robin Hayward è un giovane specialista dedito a questo strumento così pesante, ingombrante e affascinante, ha sicuramente i numeri per dire qualcosa di nuovo nel suo utilizzo ed ha al suo attivo già numerose collaborazioni di rango (Burkhard Beins, Annette Krebs, Axel Dörner, Andrea Neumann e il collettivo Phosphor). “Valve Division (Music for Solo Tuba)” è diviso in tre brani; nei primi due, più brevi, lo strumento è violentato, rovistato e bestializzato, e dalle sue fauci escono scoppi, sbuffi, soffi e cinguettii. Il terzo brano è più canonico, in quanto a timbriche, ma l`esposizione è altrettanto estrema e si risolve in oltre 20 minuti di minimale solfeggio autistico. Infinitamente adorabile.
Il pianoforte è uno strumento ancor più antico, si parla della Firenze d`inizio Settecento, e pure più conosciuto. Anch`esso ha avuto un ruolo importante nella musica classica, nella musica popolare (pensate alla tradizione del piano-bar) e nel jazz. Dire una parola nuova utilizzando la tastiera di un piano è estremamente difficile, tenendo conto delle manipolazioni subite dallo strumento negli ultimi cinquant`anni. Eppure Marit Schlechte sembra avere le doti necessarie alla stesura di un percorso piuttosto personale. La sua dislocazione nella scena sperimentale fa pendant con Andrea Neumann e Sophie Agnel (sembra che quest`ultima, dopo aver portato a termine una gravidanza, sia finalmente tornata alla musica). Anche per lei ci sono già le solite collaborazioni di rango nel solito giro di improvvisatori/sperimentatori: Boris Baltschun, Alessandro Bosetti, Michel Doneda, Alfredo Costa Monteiro, ecc. La Schlechte si è formata nella ex Berlino orientale e, probabilmente quale risultato di quella scuola, appare più rigida e più glaciale delle altre due colleghe. Ma tale glacialità non è affatto un difetto, quanto una caratteristica personale che rende ancor più affascinante il suo linguaggio. Sei delle nove piste sono suonate sulla tastiera mentre nelle altre lo strumento viene suonato all`interno direttamente sulle corde: schnur, fra questi ultimi, è un autentico gioiello di atavica bellezza. Altrove il suo pianismo si manifesta con tocchi rarefatti che lasciano spazio alle risonanze, veloci scorrimenti sulla tastiera e/ sequenze di cluster: sempre lucido e interessante e mai banale.
Non sono certo due dischi di facile ascolto, di quelli da `consumare` in auto o mentre pulite il bagno, ma se possedete un minimo di spirito avventuroso sono sicuro che vi appassioneranno.
Perchè non acettare la sfida?
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