Senz`ombra di dubbio invitante, sfaccettata,`filosofica`...
Si prospetta sotto queste coordinate - tanto ai lettori di sands-zine quanto al sottoscritto - la figura di Jess Rowland. Gli appellativi la riguardano non solo come musicista, ma nella sua interezza, coma artista dalla vista elevata e dai modi `tutto fare`. Gravitante nei paraggi dell`arguto circuito improv della Bay-area, l`indagine tout court sul suono indirizza l`avventurosa Jess nella carriera ad animare band e progetti multi-espressivi: la sua adolescenza è colorata dall`out rock dei Spork, dall`art-punk di Fluff Grrr e dalla new wave psycho-demenziale targata Mongoloid, con orgoglio, ispirata alla musica dei Devo. Il rinnovarsi di un bel po` di calendari fa sì che Jess si presti sempre più a pratiche elettroniche, improvvisate e bizzarre. In essa soggiornano vistosi elementi estetico-caratteriali che inducono ad una fervida passione per i canovacci dell`industrial anni `80, dei Kraftewerk e così via; prova tangibile è l`ultimo cd, uscito sempre per Pax, “Scenes From The Silent Revolution”.
Il lavoro che ci troviamo dinanzi scardina non poco i discorsi fatti in precedenza. La Rowland esplora il lato più intimo della propria musica e lo fa partendo dal pianoforte come veicolo atto a vivere tale esperienza con innata serenità ed un pizzico di dadaismo. Prove soliste che nel retrogusto musicale inducono a scavare nei ricordi di Erik Satie, John Cage, Schoenberg, Sun Ra, Thelonious Monk e Cecil Taylor. Nomi o elementi di richiamo che convivono dentro una personale `memoria` musicale della Rowland, la quale scorre in “Piano Improvisations” come una pellicola sgranata e nostalgica. 12 improvvisazioni che come una folata di primavera, prendono ispirazione dal libro de `I Ching`, testo filosofico-spirirtuale che ha sedotto e stregato John Cage per tutta la vita. L`improvvisazione è totale ed avviene attraverso un peculiare metodo della Rowland, fondato sull`inconscio; solamente tra brani risulteranno ispirati a temi già esistenti, tra cui la n.9, The, che nell`intimo coglie il tema di”Love Boat”: lontano serial televisivo di successo USA. Come avrete già esaminato, i titoli sono cucini tra loro ed indivisibili, dalla prima all`ultima traccia si forma magicamente un`unica frase: `At-The-Ancient-Pond-A-Frog-Plunges-Into-Sound-Of-Water`... nell`antico stagno una rana (si) immerge nel suono dell`acqua.
Delizioso, quanto Dada, questo tocco originale e poetico racchiuso in questa ragazza, decisamente, insolita.
Il secondo appuntamento con il `principe degli strumenti` focalizza l`attenzione su Thollem McDonas: anch`egli californiano ed unito più o meno allo stesso circuito di Jess: con la quale, se non erro, scattò in passato una collaborazione-incontro all`interno del collettivo Trummerflora.
Il pianista di San Francisco si cimenta spesso con la composizione, come testimonia anche “Solo Piano” che assorbe tutti brani firmati di prima mano. La stazza del giovane McDonas si è plasmata sotto un nutrito insegnamento accademico che si lascia ben notare dallo sciorinare delle note: gelide, minimali, `severamente` contemporanee. Le sue performance soliste sono state avvistate anche nello stivale, attraverso una serata organizzata presso l`Area Sismica di Forlì. Un`esperienza, questa italiana, che sembra aver soddisfatto in pieno i sensi del musicista perché, appena rientrato in patria, Thollem dà alla luce “Racing the Sun”: un concentrato di solo piano che vede comparire le registrazioni di due concerti, quello svolto nella propria città e quello romagnolo. Una bella soddisfazione, anche per il nostro paese che una volta tanto contribuisce a regalare buone vibrazioni ad un artista contemporaneo.
Giungendo al nocciolo, il piano nelle mani di Thollem è come un clima in continua mutazione: un momento è dedicato alla tempesta, un altro alla calma; un secondo dopo si delineano spunti di dolcezza, in altri frangenti sbucano fuori inavvertite vignette umoristiche. Alcuni brani ricevono alle spalle i suoni di un piano preparato; penso a I Know that I Think... ma anche ai tanti
contesti simili presenti un po` dappertutto. Un mare burrascoso prorompe nel cuore di Ancient Futures, il piano viene `picchiato` con veemenza da scale minimali e spedite; immediatamente dopo si flirta in tutta calma con armonie e pensieri sulla strada di Satie, che ricordano in generale un certo fare alla francese. In seguito saranno percorse strade più districate e naif, fondamentali per conoscere e apprezzare il tocco free-form della mano di McDonas.
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