Serve una premessa: conosco poco lo Stelzer musicista e, in conseguenza di ciò, da alcuni riferimenti della mia recensione questo disco potrebbe erroneamente essere inteso essenzialmente come opera di Giuseppe Ielasi. Nulla di più falso, chè “Night Life” è una collaborazione a quattro mani sia nell`intestazione che nei dati di fatto del risultato musicale. Chiedo preventivamente scusa ai protagonisti, e a Stelzer in particolare, per questa mia lacuna.
Il disco esce per la BromBron, e credo sia stato concepito in tal senso, una serie che la Korm Plastics e la Extrapool hanno dedicato a collaborazioni inedite ed estemporanee e che, in passato, ci ha già regalato (si fa per dire) gioiellini quali “Shimmer, Flicker, Waver, Quiver” di Steve Roden e Jason Kahn e, soprattutto, “Heroin” di Stephan Mathieu e Ekkehard Ehlers. La collaborazione fra Ielasi e Stelzer può comunque apparire estemporanea solo se vista con uno sguardo superficiale, mentre in realtà ha alle spalle anni ed anni di scambi e contatti (e pure una co-produzione fra i rispettivi marchi discografici, Fringes e Intransitive, da ricercare nel fenomenale “Extract From Field Recording Archivi #3: Solid Vibration” di Toshiya Tsunoda); e vista alla distanza risulta essere tutt`altro che finalizzata alla sola realizzazione del disco, dato che ha già fruttato alla coppia una buona serie di concerti (fra i quali alcune date in Giappone).
Se già dalle premesse “Night Life” si preannuncia interessante, l`ascolto rivela poi un`opera ancor più sorprendente, infinitamente originale e altrettanto ben riuscita. I nastri di Stelzer e il chitarrismo sempre più onnivoro di Ielasi, ormai svincolato da qualsiasi riferimento, si srotolano paralleli e riescono a raggiungere un amalgama senza che, e questo mi sembra importante, le singole personalità vengano minimamente intaccate. I tratti più rumorosi possono essere più (la rovente corsa di Ruin 2) o meno (la salutare passeggiata di Ruin 3) catastrofici, ma non si avverte mai la sensazione di una perdita di controllo o di una precipitazione dentro i meandri di una `amusicalità ` gratuita. Ancor più ammalianti appaiono Ruin 1 e Losing Our Taste For The Nightlife, lì dove l`arpeggiare sulle corde della chitarra esce fuori, stranito, da matasse di `docile anarchia`. L`articolazione dei singoli brani, poi, non utilizza mai clichè nè si ripropone nello sviluppo delle quattro tracce.
La sensazione che si avverte dall`ascolto di “Night Life” è quella di uno Ielasi allo zenit, e se qualche maligno stava gufando per il tonfo, allo scopo di uscirsene gracchiante con uno scontato `io l`avevo detto`, credo che dovrà aspettare appollaiato nel suo rametto ancora per molto (sempre che il rametto non si spezzi e il tonfo lo faccia lui stesso). Magari si potrebbe obiettare che nei dischi del monzese c`è più testa che cuore. Obiezione accolta. Embè? Non mi sembra che, per quanto riguarda il giudizio sul risultato finale, questo sia un parametro in grado di spostare gli equilibri, sia pure di qualche micron. Inutile aggiungere che “Night Life”, per il sottoscritto, è uno dei lavori più belli del Giuseppe.
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