“Scatole Sonore” può far pensare a calcolatori, campionatori, drum machine, synth e musical box vari. Niente di più sbagliato, perchè ciò che è uscito dalle valigette dei musicisti la sera del 5 Gennaio era soprattutto una collezione di rigatteria. La rassegna, organizzata al Rialto Sant`Ambrogio di Roma, ha avuto inizio il primo di Dicembre ed è destinata a protrarsi con scadenza mensile (ogni primo Giovedì del mese) assumendo così un vero aspetto da `fiera`. Si tratta di una cosa organizzata con arguzia e singolarità , dal momento che i musicisti invitati si producono dapprima in un proprio set per interagire infine tutti insieme nella ripresa finale. Queste ultime improvvisazioni estemporanee, e solo esse, sono destinate alla pubblicazione su CD-R; e il CD-R di cui ci occupiamo è quello relativo alla prima tornata della rassegna. Per cui si tratta di materiale estremamente interessante, pur se non sia affatto lecito pensare di trovare fra di esso il cosiddetto capolavoro. Ma chi ascolta oggi un disco pensando di trovare il capolavoro mi sembra essere leggermente fuori tempo massimo. Lo so che anche a me qualche volta sfugge quel luogo comune, causa una deformazione professionale e anni di letture bacate nel groppone, ma oggi è assolutamente fuori luogo ragionare in simili termini. L`ultimo `disco capolavoro`, e con ciò intendo disco nel suo aspetto complessivo di oggetto e non solo limitatamente alla musica che contiene, è il “Sgt. Pepper`s” dei Beatles. Pensateci un attimo e, indipendentemente che la musica di quel disco vi piaccia o no, converrete che ho ragione. Con il “Sgt. Pepper`s”, studiato a lungo e realizzato proprio come oggetto totale (dalla struttura dei brani pensata proprio per il supporto, alla loro registrazione, alla grafica...), i Beatles stigmatizzarono tutto ciò che poteva essere un disco; dopo di esso non ci sono state che delle inutili ripetizioni e oggi il disco non può essere considerato altrimenti che come veicolo in grado di trasmettere a distanza quella certa musica. Se mai è la musica di quel disco che potrebbe essere un capolavoro; ma oggi, soprattutto nella musica improvvisata e sperimentale, mi sembra si tenda a ragionare in un altro modo. Derek Bailey non ha mai fatto un capolavoro, i suoi dischi sono spesso raffazzonati, sono raccolta di attimi e, già per il fatto di essere costretti su supporto, perdono parte della loro essenza reale. Se mai Derek Bailey è stato un `capolavoro` in sé, nella sua figura e nel suo pensiero. Questa è l'essenza del fare musica oggi. Questa lunga premessa, che può apparire fuori luogo, serve bene a inquadrare la rassegna in questione, il CD e il rapporto che c`è fra la prima e il secondo. Non è un caso se gli organizzatori hanno deciso di rendere disponibile su supporto solo l`improvvisazione collettiva finale, chiaramente la parte più a rischio, e devo dire che il taglio scarno (probabilmente non voluto) della confezione riesce a rendere perfettamente l`idea di ciò che vuol essere: la documentazione di un attimo vissuto pienamente e degno della massima attenzione.
Dal punto di vista musicale la prima tornata della rassegna era quella meno a rischio, dal momento che i musicisti coinvolti appartenevano, più o meno, allo stesso ambito dell`underground romano. Il brano scorre bene, fluido, vario e corale, pure se l`impressione è che i Logoplasm dettino in parte legge. Ma penso che questo sia addebitabile non tanto ad una superiorità qualitativa o ad una tendenza leaderistica del duo, quanto al fatto che in una situazione di 2 + 1 + 1 + 1 il 2 finisce logicamente per avere la meglio. Direi quindi che il CD, e quella che sarà la raccolta nel suo complesso, rappresenta qualcosa di più della semplice curiosità , bensì è un documento indispensabile per chi segue la scena sperimentale romana e un termometro sulla capacità di interazione fra musicisti che, spesso, hanno un diverso retroterra. E se questo non è un momento di crescita....
Il CD-R relativo alla seconda tornata della rassegna non è ancora stato realizzato, però mi sembra utile un piccolo reportage sulla serata allo scopo di spulciare ancor più meticolosamente fra i recessi di questa interessante iniziativa. Il primo set del 5 Gennaio ci ha presentato Roberto Fega in quello che, detto da lui, era il suo primo vero concerto in solitudine. Il folletto romano ha stupito con una performance ironica e ricca di sfumature, ma anche `viva` e tesa al punto giusto. Qualche perplessità ha invece accompagnato il concerto di Fabrizio Spera e Burkhard Beins. Indubbiamente i due sanno sviluppare una trama logica, discorsiva e ricca di momenti altamente poetici... e allora? Beh, mi sembra che la loro sia una musica da prima serata, quando la mente è fresca e non offuscata, e da auditorium, dove il pubblico non è tentato da altre distrazioni. L`ora tarda e l`ambiente del Sant`Ambrogio, essenzialmente un club, non mi sono sembrati adatti agli esili intrecci del duo; soprattutto si è rivelata nociva la situazione di promiscuità fra la saletta dei concerti e la sala bar. Nonostante ciò la classe e l`abilità dei due è riuscita in più di un momento a farsi strada nel brusio di fondo. Punck, terzo incomodo, ha viceversa torchiato e domato la sala con le sue potenti sferzate che, con il tempo, mostrano una sempre maggiore definizione e un sempre maggiore arricchimento di particolari. Si tratta, come non abbiamo mancato di rilevare in altre occasioni, di un musicista che va pian piano crescendo e trovando, sempre di più, una propria dimensione e un proprio mood caratteristico e caratterizzante.
Dopo un lungo intervallo è iniziato il set improvvisato che, visto il diverso retroterra e la diversa provenienza geografica dei musicisti, presentava chiaramente ben più rischi di quello andato in scena il mese precedente. Nel frattempo era comunque avvenuto un certo sfollamento e i rimasti avevano trovato il modo di annaffiare e placare gli spiriti più bollenti. I quattro, quasi trascinati da un Fega in particolare stato di grazia, si sono prodotti in una mezz`ora di performance dai caratteri confidenziali, una specie di `crooneraggio` sonoro, e venata da una giusta dose di tasso alcolico: un ottimo suggello finale ad una serata indubbiamente positiva.
Altri due locali del Sant`Ambrogio erano contemporaneamente dedicati a performance di tipo extra-musicale, con proiezioni ed esibizione di una danzatrice. Ho seguito con interesse e piacere anche questo aspetto parallelo della rassegna, anche se non mi sento in grado di esprimere un giudizio a causa della mia ignoranza cronica a proposito di queste forme espressive. Attendiamo adesso gli sviluppi della rassegna, della quale potrete seguire il programma attraverso il nostro calendario.
Coppola finale. Ho sentito qualcuno che, passando davanti ai tavoli apparecchiati dei musicisti, faceva questo commento: `Elettronica? Ma questa è l`età della pietra della musica!!!`.
Voi cosa ne pensate?
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