Puglia, Salento, Nardò per la precisione. Qui nasce, e pian piano prende forma, questo magnifico ensemble organizzato da Giorgio Tuma, giovane musicista dal background di batterista in varie bands punk / hard core, che qui si presenta in vesti nuove, rivelando una particolare predisposizione nell'imbastire trame musicali, con un grande amore per le colonne sonore dei films di fine anni '60; ricordate Piccioni, Ortolani, Umiliani o Morricone? Ebbene Tuma, se pur molto giovane, ripercorre quelle strade, le metabolizza, per poi arricchirle con sonorità morbide, disincantate, timbriche multiformi e cori nostalgici - sia ben chiaro, tutto sotto controllo - e un gusto per l'orchestrazione raro, oggi giorno, in ambito indie. "Unocolored" è un disco dalle atmosfere autunnali da capo a fondo, solo in alcuni casi appare qualche deviazione verso il suono lounge dal sapore brasiliano, dove ritmiche samba e bossa nova inseguono cadenze liriche con venature ammiccanti al portoghese: un segno di spiccato e intelligente sense of humor, vedi: (happiness in a stupid song, gilles joia, hey alice....that's a good year!!!).
Nell'organico molto compatto e affiatatissimo, 'Os Tumantes', catalizzato intorno alla voce di Tuma, prende parte in pianta stabile, con controcanti, coretti e chitarre, anche Miss Matilde De Rubertis, già voce e chitarra negli Studio Davoli.
Per avere un pò di coordinate, immaginatevi di ascoltare la voce un po' svagata di Chet Baker, Nick Drake o Vincent Gallo che incontrano i Broadcast o gli Stereolab, o per andare più indietro, una piccola orchestra diretta da Piero Umiliani con tanto di wurlitzer, clavinet, farfisa, flauto traverso, chitarrine arpeggiate e percussioni.
Tra le composizioni, alcune ballate volutamente semplici, ingentilite da 'colori pastello', risultano molto evocative, quasi 'cinematografiche': M. guitars, in cui Populous (altro salentino di spicco) sembra intervenire sulla voce con effetti aggiunti e una sorta di discretissimo fruscio di fondo, che sottolinea lo spirito retró della canzone, compreso il raro fischiettato molto in voga nei tempi andati, Shu Panda, dall'accattivante armonizzazione agrodolce, e Uncolored (the sad kaleidoscope) in cui la bella melodia, nella sua regolarità , è come sospesa tra ritmi e accenti di spazzole.
Un bel disco che vale assolutamente la pena ascoltare, sia da parte di chi vuol ricordare, sia da parte di chi vuole riscoprire.
Una lode perciò anche alla nuova etichetta piemontese I dischi de l'amico immaginario, che ha saputo valutare e produrre questo autentico gioiellino del pop nostrano.
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