I suoni dronici per eccellenza hanno la prerogativa di illuminare o con l'oscurità oppure con la luce una superficie striata a volte per ingannarne le stesse sorgenti adeguando nel tempo sonoro un'inversione parallela al silenzio castrato. Il suono dronico è il suono indivisibile di un corpo che viene fatto a pezzi continuamente ma che resta incolume dalle discendenza del tracollo poichè è il movimento stesso a tenere in sintonia il luogo del suo esistere. Per un macro-modulatore come De Waard abituato a cascate di silenzio modulistico tenere il movimento dentro lo spazio incastrato di una specie di dronica della continuità non dev'essere un'esperienza molto facile. Sappiamo che il suo lavoro ha sempre evidenziato la dittatura dell'immobilismo, si è sempre squamato in settori fervidi portando la stessa continuità ad una discontinuità spietata, spesso caotica, ingombrante. Quello che lui seguiva nelle maglie assai pervicaci del suo regno qui lo mantiene lungo l'asse di lunghe onde droniche che restano come cumuli di vento a prodursi come per mano di Dio. La matrice agente in queste 4 composizioni senza nome, che somigliano più ad un tasto pigiato di un sintetizzatore analogico, che ad una vera e propria ricerca di movimento, sta nel portare i suoni al loro livello più alto per poi interpolarli con ottave e none della stessa lunghezza. Si tratta di un lavoro che nella storia del dronismo non ha mai prodotto frutti esaltanti e che se li ha portati ne ha solo segnato un'essenza di compimento piuttosto che un'estetica d'iniziazione. Ascoltare dei suoni che nel loro massimo grado di saturazione vengono complicati da altre frequenze, anche queste in saturazione, è una pratica stimolante solo se si ritiene che il linguaggio debba sopprimere le vocali per sempre, e consolidarsi sulle stesse consonanti ab libitum. Sul piano di una codificazione linguistica questo disco è semplicemente un incontro tra due musicisti che, con una sana voglia di dire qualcosa, producono (forse) senza troppe idee e senza il miracolo dell'evento, un lavoro che stanca, lungo il corso di una durata che non stancherebbe, ma che stanca comunque. Come se su di un testo ci fosse scritta sempre la stessa frase ed il testo restasse tutto bloccato in quella frase! Noioso e fiacco.
|