Si presenta alla grande la Frame Records, emergente label marchigiana dalle idee già molto chiare e il cui futuro si preannuncia già ricco di sorprese. L`esordio è affidato a due cd-r da tre pollici nonchè dalla bellissima grafica fatta a mano. Iniziamo dunque dal primo, “Key on a tongue”, disco su cui c`è poco da dire: è un piccolo capolavoro e dico piccolo solo perchè dura venti minuti. Andrea Belfi e Mattia Coletti mettono su un meraviglioso intreccio sonoro tra electronics e chitarre, ora magicamente arpeggianti ora percosse, a cavallo tra musica concreta, elettronica ed astrattismi etno-folk-blues. Devo dire che i pezzi sono tutti eccezionali: ascoltando itinerario #1 e itinerario #2, sembra di assistere ad un`evoluzione dei Gastr del Sol fino al momento impensabile, mentre in itinerario #5 perfetto è l`amalgama tra le istanze elettroniche isolazioniste e le sottili timbriche percussive. In itinerario #4 fa capolinea quella magia sonora apprezzata nei dischi di Un Caddie Renverse Dans L`Herbe, mentre itinerario #3 introduce richiami etno da far invidia a Lionel Marchetti. Al di là dei riferimenti citati, che hanno il solo scopo di fornire al lettore una chiave di lettura, è d`obbligo sottolineare come il disco risulti molto personale e si segnali come l`ideale punto di incontro tra due artisti validissimi.
Non è da meno “Con le dovute eccezioni (la tregua reggerà )” dei Kar, gruppo composto da Marco Carcasi e Adriano Scerna, ormai una garanzia della scena elettronica italiana. In questo loro nuovo lavoro la materia sonora vive di diverse fasi: c`è una nascita (l`industrial, i Repeat), lo sviluppo ipnotico e reiterato come certe cose di Terry Riley e una dolce fine; la musica infatti si assottiglia sempre più, gioca con i silenzi e con i grandi spazi, rimane sospesa a mezz`aria come nelle migliori produzioni della Trente Oiseaux. Davvero una bellissima composizione, da non lasciarsi sfuggire insieme al recente “Sfrigor” che li ha definitivamente consacrati.
I biglietti da visita sono importanti ma la Frame va oltre.
Mattia Coletti non è un tipo che si risparmia: dopo Sedia, FromHands, Polvere, 61 Winter`s Hat e il tre pollici con Belfi di cui sopra (è possibile che mi stia dimenticando qualche altro progetto), arriva anche per lui il primo disco solista. A pubblicato è la Wallace tra le prime a credere nel talento del giovane musicista. “Zeno” è una raccolta di brillanti intuizioni elettroniche e compiuti quadretti folk. A differenza del cd con Belfi, qui l`elettronica fa da contorno e a prendere il sopravvento sono le divagazioni chitarristiche. Tornano ancora in mente i Gastr del Sol (una e due; red, yellow, circle) ma anche, sorprendentemente, gli Shellac nell`ipnotica (i letti di procustel) o le follie elettroniche degli Animal Collective (risoluzione zeno). In altri pezzi, le bellissime armonie vocali ci catapultano in un agglomerato sonoro costituito da differenti suggestioni, tra nenie mesmeriche alla This Heat (clessidra boy) fino ai canti precari di Supreme Dicks e Sun City Girls. Anche in questo caso, le suggestioni emergono solo a fior pelle: il disco è ottimo e la maturità di Coletti è già notevole.
P.s. se siete interessati all`acquisto dei tre pollici Frame potete direttamente richiederli al boss all`indirizzo elettosergio@hotmail.com
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