Più o meno le azioni sono figlie di impulsi, e ne generano a loro volta altre di moto parallelo, obliquo, contrario, non necessariamente col beneficio della ragione dalla loro parte. Inseguire la propria inclinazione non è un obbligo, e la coerenza spesso è un fastidioso intralcio.
Succede così che ci si trova a tu per tu con realtà sfuggenti, disordinate e cariche di ignoto.
L`alternativa per quanto possa apparire più rassicurante e quindi meno affascinante, sa indicarci un percorso ma altrettanto ci cattura inesorabile.
Grosso modo questa la confusa reazione all`ascolto dei lavori di Code Inconnu e Toise, contrapposti e destinati a spazi differenti, ma legati da un`intenzione precisa: andare fino in fondo.
Code Inconnu:
La testa si rinchiude in una scatola, ed è il presupposto preliminare.
Suoni sistematicamente stritolati attraverso filtri che ne cannibalizzano ogni traccia di limpidezza. E pure i brani si reggono quasi sempre su strutture ben definite, appoggiate su tempi di batteria quadrati, richiami allo stile Brandlemayr nei disegni ritmici, però qui accuratamente polverizzati nel trattamento post sampling.
E così anche un vago accenno dance lascia spazio ad un diffuso senso di desolazione, come se la pista si ritrovasse proiettata nel mezzo di una tempesta di sabbia.
La chitarra ci mette del suo per alimentare l`inquietudine, s`intreccia e fluttua, girovagando in uno spazio sempre più costretto, e sempre sconosciuto, col sudore che gocciola, e gli occhi scavati dal sonno perduto.
I minuti scorrono e la claustrofobia aumenta, il pressante bisogno di una boccata d`aria ci fa sentire un`apertura ( Fu ), ma è solo un`illusione.Tentare la fuga? Il pensiero è già frustrato. E se dev`esser pena lo sia fino in fondo, splendida e totale.
Tanto che la successiva Cold Little Finger infastidisce con quel suo sgangherato arpeggio da jazzparty. Ma abbastanza avanti e sornione da correre il rischio di spopolare, verso le tre del mattino, non prima. Il ride non perdona. Ad ogni modo nel finale si cerca un`autentica via d`uscita, per non correre il rischio di rimanere in eterno murati. Ma è tutto vano.
Ed alla fine di questa passeggiata a piedi nudi sui rovi mi tuffo fra le onde di un goliardico scazzo, quello che anima Toise, un`accozzaglia di estremizzazioni dell`irruenza sugli irresistibili cursori del mixer. Insensati smanettamenti sul panning. Giocattoli smontati e violentati, un susseguirsi di interventi sconsiderati, bottoncini pigiati e videogiochi da mandare in tilt. Chitarre ingolfate, bassi saturi.. Ritornelli disco-trash campionati e ripetuti malamente fuori sincrono. Un`arguta perdita di senno. Dalla copertina all`ultimo degli interventi non c`è traccia di un senso della misura e del gusto. Tutto quello che c`è a disposizione viene scaraventato impudicamente nell`arena. Non sembra nemmeno una questione di istinto lasciato a razzolare nel cortile. Ha tutta l`aria di una provocazione senza cattive intenzioni. Anche se musicalmente c`entra ben poco, qualche strana alchimia mi rimanda ai Red Krayola di “Parable Of Arable Land”, forse l`approccio live. Fatto sta che ostinandomi ad ascoltarlo per trovarne un senso, un significato, un tema, ho finito per divertirmi.
E se questo era lo scopo, accetto mio malgrado di goderne ancora un po`.
|