V'importa qualcosa della notte? Scrive Cioran: `La consacrazione è la peggiore delle punizioni`. I materiali da cui i perfetti estinti fuoriescono dalla loro notte, come nel caso di "Colour green" sono materiali destinati alla consacrazione silenziosa, che qui la Baier propone in tutta la loro semplicità trent'anni dopo, come l'avesse composti oggi. Si tratta di ombre che si riuniscono come ricordi di sangue nel dramma elementare della gioventù: la Baier aveva una trentina d'anni quando le scrisse e le registrò nell'arco di un triennio. Poi si dedicò al cinema, un film soltanto: "Alice nella città ", diversi viaggi ed una carriera di fotomodella; poi scomparve e riappare adesso. C'è certamente del lutto al lavoro in queste sonorità , non fosse altro per come vengono riscoperte all'improvviso, come se dovessero subire la lotta ritrovata del ritorno. Non si sa quale vertigine del presente si sia frantumata per riaccostare il bagliore rischiarato di quel lontano settanta dentro queste passeggere matrici attuali: può darsi che chi si compie possa riconoscere il proprio vissuto soltanto gettando le carte di una vita intera sul tavolo da gioco! E tuttavia la sorte fantasmatica di questo disco è proporzionale allo scatto fotografico con cui le cose si tengono scolpite dentro: si tratta di 14 brani praticamente inossidabili, su cui spuntano gemme pericolosamente ferenti (I lost something in the hill, Tonight, Girl) e minuscoli sogni mancati e salvati dalle fiamme. Questo disco è una vertigine maledetta: è cantato da una voce che farebbe sbiancare Chan Marshall, e suonato (con grande abilità ) da una chitarra arpeggiata della stessa Baier; praticamente nient'altro. Una sorta di Pink Moon al femminile, ultima e finale opera per Drake, ed un'unica ma a-posteriori (in vita) per la Baier. E` ovvio che in questa vita, tale opera si dia come se fosse di un'altra vita, della vita di un altro, e resta quindi doppiamente demarcata dalla feritoia del tempo e forse delle occasioni mancate nel mezzo. Per questo tale disco è doppiamente disperato!
Remember the day sprizza l'audacia dei cieli nella sua brevità : una specie di silenzio che cede e ricade come una freccia nel vuoto che si consuma prima di spezzarsi. C'è certamente l'ostacolo del mare in queste nutrite inclinazioni amorose, la perdita che è sola dei morti come se gemellasse nel voler dire una sillaba in più (The end). L`esplosione sentimentale avviene nella crisalide Forget: una specie di singhiozzo attraversato dall'amara naturalezza delle cose che cedono e si perdono. Cosa si nascondeva in quella povera casa in collina dove pareva trapassarsi la muraglia dei morti interamente? In quante primavere il verde eccede al punto da divenire viola e sobillare come una prateria ricoperta di meteore disgregate che diventano polvere preziosa con cui rischiararsi gli occhi? Forget about apre troppi scrigni che erano di "Enchanted Forest" di Connors & Langille, il disco da me più adorato. Non si riesce a cogliere se la bellezza trasognata di queste perle spudorate, di questo presente che praticamente diventa visibile come un fantasma in un deserto, sia dovuta al tenace immoto che si fa bestiario di un misticismo praticamente adorabile, oppure se i brani non siano altro che frutto di qualcosa che potrebbe passare e sfinire se non ci fossero registratori sottomano per testimoniarne la vita che cede. Quando sul finire del 73 queste perle furono tutte registrate io non ero ancora nato, la Baier si dedicò ad una professione, che non fu mai quella della musica. Se questo disco avesse trovato luogo in quel tempo, probabilmente avrebbe prodotto molte idee nel campo del folk più sanguigno e spettrale, ed il fatto che tale musica sia stata sconsacrata ora, a troppi anni dalla sua prima apparizione e conclusione, non solo la risarcisce della transitorietà di tutto, ma la carica anche di quel sublime gusto dell`evento. Dire che questo è un capolavoro significa molto molto poco. Compratene una copia in più per i vostri figli futuri.
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