Nell'austerità della sua casa, Justin Hardison realizza una disorientante combinazione tra melodia acustica e suoni registrati seguendo un suo percorso personale, lento e diradato costruito su fields recordings, beats minimali e soundscapes astratti.
Il disco si muove tra acquarelli melanconici con il semplice uso di strumenti analogici (arpa, chitarra, batteria, violino...) ispessiti da una stratificazione elettronica/rumore.
13 brani d'isolamento creativo che probabilmente avrebbero bisogno di un accompagnamento visivo, ma il tutto è comunque da sè di grande effetto.
Se è vero che l'elettronica crea un'insensibile freddezza, è anche vero che tra le maglie di quella
freddezza si possano nascondere emozioni quali senso di perdita e un'altro di scoperta che sanno di scorticare un cuore, quindi lasciate che il cuore decida se un disco è speciale.
Se siete curiosi ed avete un animo da esploratori scaricatevi l'intero disco sul suo sito personale.
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