Variazioni di post rock. Innocent X e One Starving Day ci presentano due modi diversi di far musica improntata su stilemi di rock anni novanta. Il trio Francese degli Innocent X presenta la novità , in questo loro secondo album, dell`innesto della voce, grazie alla partecipazione della cantante France Cartigny e il poeta Anne-James Chanton, che donano un`anima `quasi` cantautorale alla forma scheletrica della loro musica, fatta da due chitarre e batteria. “Fugues” è un incrocio tra gli umori oscuri alla Angels of Light, arpeggi sghembi di marca Shipping News e crescendi emotivi alla Mogwai. Il disco non dispiace proprio per questa attitudine a ripulire le pomposità dei gruppi ora citati (soprattutto Mogwai) e a lasciare all`ascoltatore davvero l`essenziale (Aux marches du palais, Trois fois barbare, Valide martial, il miglior pezzo del lotto). Non un prodotto certo nuovissimo (in questo senso i primi Ulan Bator sono qualche spanna sopra) ma al fan del genere questo disco non dispiacerà affatto.
Meglio fanno i nostrani One Starving Day, al primo disco ufficiale per un`etichetta americana, la Planaria.
Il cosiddetto `post-rock` non è stato altro che un`evoluzione dell`hard/emo-core con un occhio puttato al progressive dei settanta: caso classico è quello dei One Starving Day che, come tanti colleghi d`oltreoceano, nascono come gruppo hardcore e si evolvono in una band che predilige le lunghe distanze, l`impatto emozionale e la complessità delle architetture musicali. A differenza degli Innocent X, i One Starving Day sono invece meno sghembi e più lineari, attenti a sviluppare la tensione emotiva attraverso sali e scendi sonori, e a creare atmosfere coinvolgenti e catartiche. In questo senso l`iniziale black star aeon è un gran bel biglietto da visita: inizio elettronico e poi un`impennata sonora sostenuta da un violino e batteria come da miglior scuola Constellation e da una voce sofferta quasi apocalittica (Steve Von Till?) che più che cantare `suona` con gli altri strumenti. Gli archi e quel pizzico di elettronica che non disturba mai, sono una piacevole costante nel disco (secret heart; leave), cose come le note introduttive di piano, nella conclusiva Silver star domani (senza dubbio il mio pezzo preferito), sono tanto inattese quanto efficaci. Tutte queste trovate strumentali risultano funzionali alla resa sonora globale e alla riuscita di questo lavoro che si basa comunque, va detto, su una solida base chitarristica e ritmica. In definitiva “Broken Wighs lead arms to the sun” è un buon disco che offre spunti di riflessione anche ai non affecionados di questi suoni. Cosa non da poco.
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