E` trascorso poco più di un anno dalla morte di Hugh Davies, avvenuta proprio quando aveva appena finito di mettere a punto questo CD che, quindi, assume l`aspetto del suo testamento sonoro. Se il suo nome è noto soprattutto per l`attività nel novero degli improvvisatori radicali inglesi - in particolare nella Music Improvisation Company con Evan Parker, Jaime Muir e Derek Bailey (che la sorte ha voluto far morire a quasi un anno di distanza da Davies: questi il primo dell`anno e quegli il 25 Dicembre), nondimeno la sua attività ha travalicato tale ambito andando ad abbracciare la forma canzone e la musica elettronica, fino a farne uno dei musicisti più eclettici di sempre e, parimenti importante, un artigiano che si costruiva i propri strumenti. “Tapestries” ne illumina uno dei lati più oscuri, quello del musicista elettronico, attraverso cinque composizioni (in buona parte commissionate da coreografi o musei) racchiuse in un arco temporale che va dal 1976 al 2000. E` automatico, di conseguenza, affermare che queste cinque composizioni riescono a raffigurare l`evoluzione del musicista negli anni. Si tratta però di un`evoluzione non lineare, ma che procede a zig-zag mostrando ulteriormente i molteplici interessi coltivati da questo grande sperimentatore. C`è infatti divergenza sia nei sistemi di costruzione, lavorazione e assemblaggio sia nella stessa natura dei suoni, ora di tipo sintetico (Celeritas, Tapestries e Vision) ed ora semplici rumori crudi (Natural Images e From Trees And Rocks). Questa non osservanza di alcuna scuola ha sicuramente contribuito a confinare Davies in quel limbo riservato agli inclassificabili, ed ha sicuramente danneggiato una sua ipotetica affermazione in un ambito ben delimitato. Eppure l`aspetto più interessante della sua vicenda mi sembra racchiuso proprio in questo girovagare, in una curiosità che travalica il semplice aspetto artistico e ce lo fa apprezzare, anche, come uomo. E` questo il motivo che ci fa pesare ancor di più la sua scomparsa. Il CD è accompagnato da un accurato libretto nel quale lo stesso Davis commenta, con dovizia di particolari, le cinque composizioni: tipo di suoni e di strumenti utilizzati, anno e luogo delle registrazioni, scopo delle musiche e altro. Infine David Toop traccia un profilo storico del musicista: dall`apprendistato con Stockhausen alla Music Improvisation Company, dalla partecipazione a “New & Rediscovered Instruments” di Max Eastley e dello stesso Toop a quella all`LP “Spirit Of Eden” dei Talk Talk. Insomma, lo volete capire che si tratta di un disco altamente consigliato?
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