Autore disco: |
Current 93 |
Etichetta: |
Jnana (CDN) |
Link: |
www.jnanarecords.com |
Formato: |
CD |
Anno di Pubblicazione: |
2006 |
Titoli: |
1) Idumea 2) Sunset (The death of Thumbelia) 3) Black ships in the sky 4) Then kill Caesar 5) Idumea 6) This acoustic imperium is nihil Reich 7) The dissolution of the boat “Millions of years” 8) Idumea 9) Blind your tortoise mouth 10) Idumea 11) Black ships seen last year South of Heaven 12) Abba Amma (Babylon destroyer) 13) Idumea 14) Black ships were sinking/Idumea 15) The beautiful dancing dust 16) Idumea 17) Vauvauvau (Black ships in their harbour) 18) Idumea 19) Black ships ate the sky 20) Why Caesar is burning (Part II) 21) Idumea |
Durata: |
76:55 |
Con: |
David Tibet, Michael Cashmore, Steven Stapleton, Marc Almond, Bonnie Prince Billy, Baby Dee, Antony, Clodagh Simonds, Cosey Fanni Tutti, Pantaleimon, Shirley Collins |
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una torta ottima ma dura da deglutire |
x Matteo Uggeri |
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L’altra sera ho rivisto il mio amico Ago, a cui avevo prestato quest’ultima fatica dei nostri amati Current 93. Gli ho chiesto se gli era piaciuto, e la sua risposta è stata l’espressione che di solito si fa quando si sta cercando di deglutire una fetta di torta molto buona ma così spessa e densa che per mandarla giù ci vogliono un paio di bicchieri di brachetto.
"Black Ships ate the Sky" è un bel disco, inutile dire lontanissimo dagli esordi industrial ed orrorifici, di cui (quasi) non resta traccia, e a pieno iscrivibile nella serie del folk apocalittico, avvicinandosi soprattutto all'ultimo "Sleep has his House". A dare una forte impronta melodica ci pensa il sodale ormai più fedele, quel Michael Cashmore che ha saputo portare le note più dolci nella musica della congrega, ed il solito Steven Stapleton, di cui si fatica di più a scoprire le tracce (suoi probabilmente i belli e spettrali trattamenti di Black ships seen last year South of Heaven e la dissonante Black ships were sinking, molto 'old style' diciamo), essendo il disco prevalentemente giocato appunto sulle chitarre cristalline e le molteplici voci.
Tali voci, citate in apertura, interpretano in modo personale la breve Idumea, che quindi compare 9 volte nel disco, ad essere sinceri stufando anche un poco...
Marc Almond, Shirley Collins, Antony, Bonnie 'prince' Billy… personalmente preferivo quando il buon David Tibet si accompagnava con più sinistri figuri come Tony Wakeford, Boyd Rice e Douglas P. Del resto, ce lo ricordiamo, in uno dei suoi dischi più riusciti, nel 1994, aveva chiesto perdono, e con "Lucifer over London" ha pure ammesso d'essere 'sick sick sick of six six six'. Non gli diamo torto, in fondo musicalmente quella dell'artista inglese è un'evoluzione, sebbene egli abbia perso per strada buona parte del pathos estremo e sentimentale che era, per me, uno dei tratti distintivi del variopinto marchio C93.
Ad ogni modo, qui le trame musicali comprendono anche violini, violoncelli, quasi nessuna percussione, a tratti sfiorano la psichedeleia (compare anche Ben Chasny dei troppo poco conosciuti Six Organs of Admittance) e dipingono tenenzialmente cupi scenari intrisi della solita profonda malinconia, ma con accenni di crescente speranza e, a tratti, di vera furia. Il gruppo si scatena infatti sul finale, nella title track, spaventoso e splendido miglior brano del disco, che si dilunga in un ossessivo reiterarsi di chitarre condite dal lamento straziato del buon David.
Un bel disco che difficilmente deluderà i fan accaniti della Corrente, ma lontano dall'essere 'il più importante della carriera', come recita la roboante press sheet, ed anche lontano dal commovente lirismo di "Soft Black Star", di certo più sincero di questa parata di cantanti che frequentano il salotto di David Tibet - per il quale, beninteso, la mia personale stima resta altissima (nonostante sul suo sito ormai egli venda di tutto, dalle più assurde riedizioni dei CD, alle magliette, ai suoi quadri che raggiungono perfino le 3000 sterline di prezzo!).
D’altra parte, sempre sua è l’inizitiva “Médicins sans Frontierès CD”, un CD quintuplo cui partecipano personaggi di grande calibro, dai Matmos a Charlemagne Palestine fino a Thurston Moore ed Howie B (solo per citarne alcuni), assemblato al nobile scopo di raccogliere fondi per la suddetta istituzione.
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