Chi è Frank Bretschneider? Semplicemente uno degli agitatori della Raster-Noton, e già questo dovrebbe dire molto se non tutto. Ma limitandosi a questo si farebbe certamente un torto a lui e ai dischi prodotti fino a questo momento (tra i quali quelli a nome Komet, sicuramente il suo progetto più conosciuto). Adesso è il momento del secondo disco in solo, in uscita per la newyorkese 12K, che andando ad ascoltare bene si capisce come sarebbe potuto benissimo essere fuoriuscito dal catalogo Raster-Noton. “Looping I-VI” ripresenta in tutta la sua perfezione tecnica l`estetica dell`elettronica glaciale ed ultraminimale. Analizzando il titolo del disco possiamo confermare la presenza obliqua di loop (che rappresentano qualcosa in più del tema conduttore del disco) ma per quanto riguarda le `love songs` pur non mettendo in dubbio le intenzioni di Bretschneider non possiamo far altro che fidarci della sua buona fede. Parlavamo di loop, ed è innegabile la loro massiccia presenza nel disco; sono sì presenti ma raramente, anzi mai, creano dei groove: sono scandagliati e reiterati nel tempo, destrutturati ed astratti. Nord Modular alla mano (nient`altro che il suo fedele sintetizzatore), il tedesco di Germania imbastisce il suo disco con poco: qualche click, qualche cuts, un serie di tappeti di sottofondo, onde modulari, riverberi sonori (Rocket summer), ogni tanto un breakbeat più convincete che fa capolinea pur conservando la loro natura discreta e velata (Against a blue background) e qualche suono marziano (Go! Said the bird) che non ci stanno mai male.
Non nuovissimo ma gli amanti del genere avranno di che godere.
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La chirurgia uditiva è la simbiosi perfetta di una metafora non propriamente desueta dell'occhio/orecchio che si taglia, dentro la flemma inadeguata dei pensieri in sinapsi cancerosa, l'udito, come la vista, hanno bisogno di un controcampo per ribadire l'essenza indefinita dell'esistere. Controcampo è la parola intera: consiste nel tessuto interrelazionale su cui due occhi e due orecchie si poggiano per orchestrare il dialogo frantumato al di là di tutto quello che il linguaggio oscenamente tras-dice. Il corpo non è una metafora del corpo: semmai un suono lo è. Il suono talvolta si frantuma nel pluriverso dall'antiumano perchè proprio in quanto riconosce di appartenere alla sfera inversa dell'umanità , nel controcampo digitale, riafferma le correnti solide dell'umanità . La parola dice ciò che dice con l'intenzione di distruggere un circuito conchiuso per aprirsi al paradosso di sé. Nel momento in cui afferma significa che ha trans-detto, e quindi ha affermato l'opposto e la musica digitale poichè circuita continuamente nello stesso campo incontrollato del fenomeno, deve esprimersi nel linguaggio dell'impossibile per ridestare un termine possibile. Frank Bretscheider è uno di quelli che meglio di altri artisti digitali hanno portato l'orizzonte terminologico del digitale sul punto di fluttuazione, la sua musica è musica per ciechi e per sordi. Ha un orizzonte dialogico che supera le barriere del linguaggio perchè non è già più un linguaggio e proprio perchè ammette di non esserlo, o attraverso l'astrazione, o attraverso il resto, costruisce le basi dello stesso linguaggio che dice. "Looping I - IV" è innanzitutto un disco per innamorati, per gente che si ama, o che non si sa bene quanto possa durare questo 'amare'. Lo dice anche il titolo che sfida qualunque certezza: non è un semplice caso! La parola al giorno d'oggi deve trovare nuove direzioni ma non è detto che queste direzioni debbano per forza esprimersi in una data musicalità . Se concepissimo i lavori su 12k, o quelli su Raster-Noton, come l'applicazione continua di una innovazione, entreremmo nel circuito della denigrazione moderna: ovvero daremmo ragione a coloro che giudicano questo settore sonoro come oramai ramazzato, inconcepibile al rinnovo. Quello che bisogna invece capire è che il superamento non avviene nell'ambito di un'innovazione interna, questo è già un elemento di costruzione linguistica rispetto a tutto il linguaggio della musica esistita finora. Si tratta di un linguaggio che lentamente si concretizza come un alternanza al circuito di tutti i suoni che ci sono, e poichè non è composto di parole, usa il 'titolo' come espressione del linguaggio corrente, come 'traduzione' di ciò che va a formarsi senza per nulla impedire a se stesso di fare in modo che questo stesso linguaggio di formazione debba cambiare. Se al linguaggio del rock ci sono voluti un centinaio di anni per affermarsi, si parlerà di estenuazione solo quando ne passeranno almeno altri 100 in quello digitale, o glitch, o chicchessia! Nei dischi di Frank Bretchenider non si troverà mai e poi mai qualcosa che vada ad intendersi come una progressione, come un'innovazione evoluzionistica, ma per questo non è detto che chi ascolta questa musica, e chi la produce, non vada a sfaldare le matrici del linguaggio biologico per eccellenza insinuendone crepe e sfaldamenti. La grandezza di questi dischi, che qualcuno esaltava fino a tre anni fa, per poi dire che non andavano più di moda, consiste proprio nel destino del compimento. Nessuno ha mai detto che un lavoro di Springsteen non si dovesse più realizzare perchè il rock era finito: una buona parte della critica ha invece deciso di punto in bianco che era ora di storicizzare il glitch, o in tal caso l'ambient-glitch. E` una manovra di potere che consiste nel poter intendere qualcosa finchè il linguaggio resta solo scandalizzato dal resto ma mai compromesso. L'opera di Bretchneider e soci consiste nell'eludere questa forma di controllo e continuare in una direzione che se finisce o non finisce lo decide la vita e non certo il buon critico. Se questo fosse un vocabolario controcorrente, alla parola "Love Songs" potremmo mettere un punto, ma può darsi che, Bretchneider, nelle sue fibre lungimiranti, nell'universo sentimentale del gelido, possa trovare un domani nuovi modi per dire 'amore' sempre in questo linguaggio e dovremmo ascoltarlo per comprendere di quale amore stiamo parlando e quale di questi fa più al caso nostro.
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