La questione è sempre la stessa: sta venendo fuori un'ondata enorme di dischi folk(dronici) ed è complicato assegnarne un valore specifico dal momento che bene o male tutti si richiamano alle stesse coordinate faheyane, con infini rimandi alla tradizione folk. Detto questo, indipendentemente dal numero di lavori, dev'esserci, per caratterizzare un'opera, qualcosa che faccia riferimento solo a sé. Darne un rendiconto significa specificare che all'interno di un settore sonoro tendente alla saturazione, alcuni dischi si ricordano per delle caratteristiche meno comuni di altri. Greg Malcolm, per quanto mi risulta, è al suo primo lavoro ufficiale. In "Swimming in it" sono tre gli elementi specifici che non troverete nel circuito di questi lavori: 1) un uso della ritmica percussiva spesso dolente, 2) una riuscitissima manovra di feedback dietro tutto quanto, 3) l'uso della chitarra meno arpeggiato e più assolistico ma che compone comunque partiture reiterate. Malcolm usa tre chitarre per volta: due servono a ritmizzare il corpo del suono, un'altra ad applicarne note, poi piatti, forse violini, rumori. Si tratta di musiche più da film che da memorie orribili alla Fahey. Si tratta di un lavoro ipnotico, talvolta accennato come i colpi d'ala di un volatile morente, altre volte eseguito come una marcia funebre dentro la terra di nessuno. Suoni di questo tipo se ne sono sentiti particolarmente nel secondo disco di Hungry Ghost, qui tutto è ridotto, ogni spazio respira, e sembra una versione ancora più diradata dei Neil Young più diradato.
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