Da “Staring At The Sun”, passando per “Syntaxis” e sino ai giorni nostri con “III”, i Cosmologic hanno raggiunto un discreto riscontro di critica e di pubblico per opera del proprio mood: puntato a direzionare le proprie vibrazioni verso la scena indipendente del jazz di Chicago per trovare nei famigerati Vardermark 5 il punto più alto di comunione.
Anche “III” si vede fresco di stampa per la Circumvention, label d`improvvisata, nel quale interno orbitano due terzi del combo stesso e che ricordiamo per la forte amicizia stretta con il collettivo sperimentale extra-large Trummerflora*.
La formazione che incontriamo al momento è sempre la stessa, ossia quella del quartetto composto da Jason Robinson, Michael Dessen, Scott Walton e Nathan Hubbard, ma vede una lieve alterazione attraverso gli sporadici contributi alle chitarre versati alla bisogna da Al Scholl.
Lo scenario aperto da X Marks The Spot mette d`accordo diversi canovacci dell'era New Thing: il ritmo ed il blues di Charles Mingus, la raffinata scompostezza di Eric Dolphy, la delicatezza di Andrew Hill.
Una predisposizione, questa, riscontrata con solerzia durante la parte iniziale di “III” ma dove parallelamente pongono il loro artiglio anche una serie di nebulosi contributi con cui l`ensemble sfoggia la propria dimestichezza nel dialogare con suoni di fattura più propriamente contemporanea.
Ad esempio, nel richiamare il brano di apertura, viene da evidenziare la sottile filigrana elettronica posta da filtro al drumming di Hubbard e la patinatura ovattata che ne (fuori)esce; Shadows at Night (Notes From a Quarry) è una lunga marcia ai cui estremi troviamo incastonati attimi di puro swing, mentre nel suo interno fanno capolinea una massiccia dose di esercizi free-form.
Da segnalare sono i deliziosi inserti jazzy delle corde di Scholl, i quali più di una volta si faranno osservare con meraviglia per le ammiccanti soluzioni (ri)cercate.
Septurnal Spell, a dispetto dei precedenti, si veste di un`anima ancor più spumeggiante, dove l`armonia imperante si abbiglia senza troppe remore di tratti somatici, velatamente, caraibici.
Il brano è firmato da Dessen e mostra quanto nei Cosmologic viva un`anima eterogenea, facendo risultare la scrittura di quest`ultimo decisamente opposta a quella di Hubbard e Robinson (gli altri intestatari delle composizioni). Put Some Butter On It, dedicato a Malachi Favors, è un lento assaggio di solo contrabbasso, in cui i venti lontani della gloriosa AACM sciorinano di pari passo alla scrittura `ascetica` di Don Cherry. Le pulsioni introspettive, qui ritrovate, fanno da preludio alla lenta e raffinata apertura di Indianhead Canyon, un brano il cui movimento si aziona gradualmente e dove viene sfoderata l`anima più collettivista e free del quartetto.
Proseguendo avanti, l`ascolto del cd presenta sempre più movimentazioni radicali: una
tendenza che si riscontra con netto vigore sia in The Wrangler, che dentro Wolf In Sheep`s Clothing. Ancora una volta vengono cambiate la carte in tavole ed a concludere il tragitto sono le smussature in salsa strange rock di Blacon: un calderone in cui convivono Frank Zappa, languidi wah-wah (della chitarra) ed una ritmica che senza troppa vergogna corteggia istanze drum `n` bass.
Senza troppe pretese i Cosmologic con il loro carattere solare costruiscono un lavoro in cui il jazz è solo la base di partenza per incontrare forme ed esperienze molteplici. Vi consiglio di riservare un ascolto per la primavera che verrà , “III” potrebbe essere la colonna sonora ideale per trascorrere giornate spensierate al cospetto di sole tiepido e tonificante.
* del collettivo Trummerflora è presente una recensione nell`apposito archivio.
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