Autore disco: |
Cyril Epinat, Mathias Forge & Jérôme Bertholon // Agnès Palier & Olivier Toulemonde |
Etichetta: |
Creative Sources (P) |
Link: |
www.creativesourcesrec.com |
Formato: |
CD |
Anno di Pubblicazione: |
2005 |
Titoli: |
1) Friday the 3rd of September 2004, 23h41, Grove 2) Saturday the 4th of September 2004, 16h23, Leafy Forest 3) Saturday the 4th of September 2004, 17h14, Leafy Forest 4) Saturday the 4th of September 2004, 20h29, Big Field Pondside 5) Sunday the 5th of September 2004, 05h37, “Chatelus” Stone 6) Sunday the 5th of September 2004, 06h10, “Chatelus” Stone // 1) #1 2) #2 3) #3 4) #4 5) #5 6) #6 |
Durata: |
70:53 // 47:51 |
Con: |
Cyril Epinat, Mathias Forge, Jérôme Bertholon // Agnès Palier, Olivier Toulemonde |
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segnali dal sottosuolo |
x e. g. (no ©) |
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Ecco due dischi che mi permettono di riprendere, ed ampliare, i concetti espressi uno sputo fa a proposito di “Valve Division” (Robin Hayward) e “Piano Solo” (Marit Schlechte). Scrivevo là su un utilizzo inconsueto di strumenti storici, e la situazione si ripropone in egual misura nello splendido “Duo...” del chitarrista Cyril Epinat e del trombonista Mathias Forge.
E` però possibile fare altre osservazioni. La storia della discografia ha conosciuto un periodo in cui si è puntato, sempre di più, ad un tipo di produzione asettica e irreale, un tipo di produzione effettuata in studi di registrazione sempre più sofisticati ed a tenuta stagna, allo scopo di escludere totalmente la realtà del mondo esterno (ciò, naturalmente, escludendo le rare eccezioni che confermano la regola). Così come si cercava di escludere dal suono di uno strumento, e da quello della voce, ogni elemento spurio. Il recupero degli elementi spuri nel suono degli strumenti è andato maturando di pari passo con un inversione di tendenza nelle tecniche di registrazione che si sono orientate, sempre più, verso un recupero di vitalità e concretezza. Il punk e il lo-fi sono stati tentativi in tal senso, se pure abbiano portato ad una falsa soluzione del problema. Meno evasiva sembra oggi essere l`azione di coloro che operano per non escludere dalle registrazioni il suono dell`ambiente in cui queste avvengono, e quella ancor più estrema in cui i musicisti individuano un ambiente in cui mimetizzarsi all`atto di registrare la propria musica. L`anno scorso è stato ristampato “Schwarzaldfahrt” di Peter Brötzmann ed Han Bennink, un disco registrato nel 1977 dentro la foresta nera che, all`epoca della sua pubblicazione, sembrò essere una semplice curiosità imputabile solo alla stramberia dei due strumentisti. E forse quello era. Ma non sempre le cose finiscono per essere quello che sono, o che sembrano, ed oggi quel disco è il più fulgido esempio in grado di rappresentare un`inversione di tendenza (almeno per quanto riguarda il tipo di produzioni che ci interessano).
Le registrazioni di “Duo...” sono state effettuate all`aria aperta, in ambienti naturali della zona di Lione, dove i due risiedono, e non è una contraddizione se il disco è attribuito a `tre` autori, essendo il tecnico addetto alle registrazioni (Jérôme Bertholon) parte integrante del progetto. La musica è chiaramente orientata verso un`impro atematica e non idiomatica, con questa caratteristica di ambientazione a donarle sapori di bosco, di prato, di acqua, di pietra.... C`è da dire della giovanissima età dei protagonisti, il che conferma quanto questo tipo di sperimentazioni siano ormai materia popolare, e dell`ottimo standard raggiunto nei concerti, dove una sorprendente gestualità accompagna la voce `insolita` degli strumenti (se vi capitano a tiro andate a vederli senza esitazione). Appare talmente `insolita`, la voce dei loro strumenti, che pur trattandosi di un concerto totalmente acustico, almeno quello a cui ho assistito, è sufficiente chiudere gli occhi per avere l`impressione di trovarsi al cospetto di qualche manipolatore di marchingegni elettronici.
Un altro aspetto, ancora diverso dall`impiego insolito degli strumenti e dal recupero dell``ambienazione`, è quello del fare musica utilizzando oggetti originariamente destinati a tutt`altra bisogna (e i fantomatici set elettroacustici sono normalmente un raccolta di stramberie alle quali viene rifatto il maquillage). Superate le fasi della musica che `si fa` rumore, stiamo ormai attraversando quella del rumore che 'si fa' musica. E nello spartiacque sembra stare il duo di “Rocca”, nel quale si celebra l`incontro fra le corde vocali bisbetiche di Agnès Palier e l``oggettario` di Olivier Toulemonde. E` il concetto di musica come gioco quello che emerge nitido da questi solchi e, a pensarci bene, in inglese il giocare ed il suonare non sono rappresentati forse dallo stesso vocabolo? Ecco quindi altri due giovanissimi provenienti dalla zona di Lione e un altro ottimo disco da sottoporre alla vostra attenzione. Fatene tesoro.
Resta infine da dire della Creative Sources, marchio che è partito in sordina ed ha oggi conquistato un ruolo guida, a livello internazionale, per questo tipo di improvvisazioni dall`impostazione prevalentemente (elettro)acustica.
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