La Lexicon Devil ha ristampato due importanti opere del primo/punk, una più necessaria dell`altra.
La prima è Tar Babies, che registrarono sedicenni questi brani, che sono l`accorpamento dei due loro primi EP. Per la cronaca i Tar Babies furono di quelle formazioni che non scimmiottarono mai un cazzo e che in fin dei conti seminarono soltanto senza guadagnare che un pizzico di fama. A differenza di formazioni come Minor Threat, Bad Brains, Germs e Replacements, qui, in questi stridori aciduli di ferro arroventato e materia panica, emerge un`insorgente dose d`inquietudine, di terribile trasversalità e decomposizione della materia sonora come solo certe curvature di uranio possono curvarla, e forse, disintegrarla. Cariche di diniego, con ritmi spesso polimorfici, spezzati, per una formazione che davvero stava più nel sole che in quel 'no future' che ne fu il manifesto, se vogliamo rosicante.
L`altro disco è quello degli Oil Tasters, che certamente il grande Mark Sandman avrà ascoltato e forse amato pure (basta far suonare My Girlfriend`s Ghost per accorgersene!). E` chiarissimo che i tre moschettieri del proto/funk/jazz cercassero un 'manifesto sonoro', qualcosa che scomponesse non tanto formalmente, quanto strutturalmente le tendenze punkettare: e trovarono questo espediente sostituendo il sassofono alla chitarra, senza minimamente invertire il ruolo complessivo delle composizioni, tra l`altro brevi, immediate. Quello che composero queste due formazioni fu un miscuglio di avanguardia a venire, sprazzi per un futuro che avrebbe in fin dei conti suonato così. E qualcosa che si sentirà nei dischi che un Nick Cave da lì a poco comporrà (ascoltate Emma di Oil tasters: da non credere!).
Non c`è che dire di queste due operazioni se non altro un certo dubbio sulla masterizzazione finale dei dischi che appaiono poco puliti, e qualche volta gracchianti e sfuocati sui bassi. Resta il fatto che in epoca di bordoni minimali e scariche elettroacustiche feroci, ritrovarsi con questi materiali significa per alcuni di noi ritrovarsi con il suono della propria infanzia, e questo è un piacere, sì che lo è.
|