Cathy Berberian (1928-1983) è conosciuta soprattutto per la sua attività al fianco di Luciano Berio (del quale era anche moglie) in magistrali composizioni storiche come Visage e Sequenza III. Pure ha avuto una sua indipendenza come interprete del patrimonio classico (Monteverdi, Debussy...) e come interprete di un repertorio contemporaneo sia colto (Cage, Gershwin, Weill...) sia di tipo più popolare (“Folk Songs”, su arrangiamenti dello stesso Berio, è un classico della sua discografia). La scelta di reinterpretare alcune canzoni dei Beatles fu quindi tutt`altro che estemporanea, ma piuttosto basata su una vocazione curiosa e attenta a quanto le stava accadendo intorno. Le registrazioni di questi materiali - originariamente pubblicati in Francia, USA, Germania e Regno Unito dalle etichette Fontana, Philips e Polydor - risalgono ad un`epoca tutt`altro che sospetta: il 1966, anno in cui il gruppo di Liverpool era stato appena preso da manie sperimentali ed era conosciuto unanimemente come un micidiale macinatore di singoli da classifica. Ed è proprio in una pletora di hit che la Berberian attinse per confezionare il suo disco. Se con Eleanor Rigby e Yesterday l`impresa era semplice, chè entrambe avevano già in partenza un arrangiamento d`archi di tipo classico, con altre canzoni prettamente beat c`erano sicuramente delle difficoltà che vengono superate con una nonchalance incredibile, tanto da lasciar presupporre che la Berberian avrebbe potuto cantare tutto quello che voleva senza scivolare mai nel cattivo gusto. La cantante non rinuncia affatto alla sua voce di tipo impostato, ma svolazzi e vocalizzi diventano il modo per ironizzare proprio su questa sua impostazione. Quando poi, in Girl, si abbandona ad un`interpretazione più misurata, la profondità di tale interpretazione è tale da far capire perchè mai Tim Buckley fosse un suo appassionato ammiratore. La stessa abilità tecnica, mostruosa, non è mai fine a se stessa, ma gli incredibili salti di tonalità vengono messi al servizio di un`espressività tanto perspicace quanto moderna. E qui sta il fascino maggiore, nel fatto che queste interpretazioni `liriche` e questi arrangiamenti `baroccchi` suonano, ascoltati oggi, molto più moderni di quelli degli stessi Beatles. I dodici brani sono divisi in tre quaterne, con il clavicembalo dell`arrangiatore Guy Boyer che viene accompagnato da ensemble cameristici di diverso assemblaggio: quartetto d`archi con doppio violino (2, 4, 5 e 11), quartetto d`archi con doppia viola (1, 3, 7 e 9) e quintetto di fiati (6, 8, 10 e 12). Direi che gli stessi arrangiamenti sono, nelle scelte, piuttosto sorprendenti, come nel caso di Yellow Submarine che viene interpretata dal quartetto d`archi e non, come sarebbe naturale pensare, dall`ensemble di strumenti a fiato. Questa ristampa contiene anche una breve intervista e alcune registrazioni dal vivo, del 1980-1982, che precedono di poco la morte della cantante. In esse la celebre voce è accompagnata da Bruno Canino, al pianoforte o al clavicembalo, ed affronta versioni differenti di Yesterday e Ticket To Ride, questa volta su arrangiamenti di Louis Andriessen, e c`è solo da rimanere di stucco. “Beatles Arias” è uno di quei classici immortali a cui non vale la pena di rinunciare, fidatevi di uno a cui la musica lirica e/o barocca non è mai piaciuta.
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