John Duncan: onde corte, voce e trattamento; Elliott Sharp: voce e trattamento. Nella realtà di questi ronzii e di questi sciabordii trattati elettronicamente non è certo possibile individuare la voce umana quale fonte sonora. Il concetto di trattamento elettronico è quanto mai vago, o ampio, e il risultato può cambiare totalmente a seconda della sua pesantezza. Ragion per cui, ogni volta che ci avviciniamo a del materiale trattato elettronicamente, è bene sgombrare la mente da concetti precostituiti. L`inganno trova terreno fertile, al fine di perpetuarsi, anche in una collaborazione che può apparire eccentrica ma non lo è, e che potrebbe funzionare ma funziona solo in parte. Questo incontro può stupire, a prima vista, ma in realtà l`asso di Cleveland, nelle sue peregrinazioni stilistiche, si è già ripetutamente impegnato nel settore dell`elettronica estrema e, oltretutto, non ha mai disdegnato di collaborare con nessuno. Se stupore ci dev`essere è da rivolgere alla personalità espressiva di entrambi, questa sì impossibile da comparare. Il risultato rispetta le premesse, come quelle è equivoco, affascinando e lasciando indifferenti allo stesso tempo. Non si tratta di un lavoro altalenante, ma esattamente ambiguo, di un`ambiguità che forse deriva dall`approccio stesso dei due musicisti: materiale e torrido per l`uno, recondito e glaciale per l`altro. Un dualismo che si avverte e termina per sconcertare, o meglio, termina per dissociare l`ascoltatore stesso, in parte rapito dall`incontro-scontro di alcune soluzioni e allo stesso tempo respinto da un dialogo che non sembra affatto rivolto a lui. Il brano, nonostante sia suddiviso in nove tracce fittizie, è da intendere come un`unica entità , che muove rarefatta per saturarsi con lo scorrere dei minuti. Come da prammatica, al pari della congerie infernale che ne deriva.
Ben diversa è la riuscita di “Presence”, lavoro condiviso da Duncan con Edvard Graham Lewis, uno dei musicisti più importanti degli ultimi trent`anni e sicuramente più vicino di Sharp alla sua percezione della realtà e dell`immaginario. Il trattamento del suono è saldamente nelle mani di Duncan, e questo contribuisce sicuramente a dare unitarietà al disco, il quale apporta anche onde corte e registrazioni ambientali, dal canto suo Lewis concorre con un testo recitato e con ulteriori registrazioni ambientali... e, credetemi, quando la sua voce (ben distinguibile come tale) si fa sentire, in apertura e in chiusura, rinvengono quei brividi che più d`uno avrà conosciuto all`ascolto dei magnifici Wire (quelli veri, datati 1977-79). Anche in questo caso, seppure la suddivisione sia effettuata in quattro momenti ben distinti, il disco è da intendere come un unicum dall`andamento ciclico: una sinfonia con un preludio, un unico lungo movimento centrale, una breve ripresa e un epilogo. Il movimento centrale inizia come un coro gregoriano, con una sua sublimazione di sofferenza, in grado di arrivare, toccare e penetrare, per poi espandersi oltre: oltre la soggettività di chi ascolta e oltre la soggettività degli autori, fino a sprofondare in preda a impulsi noise, space e industrial, tutte opzioni che sarebbe però bene far precedere dal prefisso post-. Raggiunto un culmine, più per aggregazione che per saturazione, il treno sonoro sembra deragliare fino ad annullarsi nel silenzio.
“Stun Shelter”, sorta di collaborazione da separati in casa fra Duncan e Carl Michael von Hausswolff, è il resoconto di una doppia installazione presentata nei mesi di Ottobre-Novembre 2003 presso la Galleria Nicola Fornello di Prato. Le musiche dei due autori, seppure non siano state studiate espressamente per una diffusione su supporto, riescono comunque ad affascinare per la facilità e la naturalezza con cui si compenetrano, alternandosi a formare un unico brano che, pur perdendo la magia determinata dalla parte visuale, si lascia comunque ascoltare con molto interesse. E pensare che le due installazioni sono tutt`altro che omogenee: sinuosamente venata da un sussurrante erotismo di marca orientale l`una e scolpita nel granito di oscure interferenze l`altra. Ma c`è un altro motivo d`interesse che porta a consigliarvi l`acquisto di “Stun Shelter”, beninteso dopo che avete già fatto vostro “Presence”, ed è rappresentato dal bel catalogo che viene venduto insieme al CD. In 56 pagine, arricchite da numerose foto che riprendono alcune fasi dell`installazione, Daniela Cascella traccia un profilo sull`istallazione stessa e sui due autori, compendiando il tutto con un elenco delle loro produzioni più interessanti.
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