“Desco Music”, ovvero `musica da tavolo`, è una serie eterogenea di live musicali. Un osservatorio privilegiato sul panorama della musica sperimentale internazionale, focalizzando il proprio sguardo sull'area in cui tecnologia (digitale), mondo reale (analogico) vengono a contatto.
Il formato di questi piccoli concerti non è quello classico, con un musicista di fronte a un auditorio, ma viene impostato invece su una serie di `tavoli apparecchiati all`attenzione` per le molteplici attuazioni di questi incontri tra gli ordini del mondo.
Raum cerca di rendere possibile una dimensione d'ascolto e di coinvolgimento attentivo ed emotivo, in una direzione che è opposta all`involontario disturbante, purtroppo tipico e ormai considerato quasi fisiologico: se di rumore deve trattarsi, che sia quantomeno servo di scena, materia prima tra le altre, da trattare nell`alchimia sonora.
Un esperimento per creare un rapporto diretto con il momento generativo e sociale prodotto dall'incontro tra i musicisti, il pubblico e lo spazio fisico dell'interscambio.
Quella che avete appena letto è la presentazione di “Desco Music”, una rassegna `permanente` ideata da Valerio Tricoli e Claudio Rocchetti per il `raum`, locale bolognese gestito dall`organizzazione `xing`. Naturalmente la gestione della rassegna, dopo il trasferimento di Rocchetti in quel di Berlino, ricade sulle spalle del solo Tricoli. “Desco Music” è innanzi tutto una rassegna coraggiosa, perchè si pone al di fuori dalle logiche di mercato, evitando accuratamente una programmazione che abbia il solo intento di richiamare quanto più pubblico possibile. E` una rassegna in cui l`attenzione non è concentrata sui soliti nomi noti, che sono ormai sulla bocca di tutti o, ancor peggio, già cotti a puntino. E` una rassegna che tende a scavare, a presentare proposte nuove, affiancandole a preziosi ritorni, con la competenza e la passione disinteressata che da sempre caratterizzano gli organizzatori. La programmazione di questo autunno è stata particolarmente interessante, anche perchè ha avuto il merito di presentare le uniche date italiane di alcuni fra i nomi più intriganti della nuova scena elettro-elettronica australiana, e inoltre una tripletta più nota ma, in ogni caso, piuttosto inedita negli accoppiamenti e nelle soluzioni (sempre in riferimento alla programmazione nazionale). L`apertura di stagione è affidata al trio australiano Pateras, Baxter & Brown - autore di quell'"Ataxia" che è senza dubbio uno dei migliori dischi di quest'anno - menomato del pianoforte per motivi organizzativi e, quindi, costretto ad una soluzione inedita, rispetto al CD, con Pateras impegnato alle manipolazioni elettroniche ed alla voce. Il trio si è esibito in un crescendo che, nella seconda parte della performance, ha raggiunto momenti sublimi. Un particolare interesse è stato destato dal percussionista Sean Baxter sia per la consistenza sia per l'originalità , anche se l'ultima è sicuramente in debito con il grande Tony Buck (particolare emerso anche dalle parole dello stesso Baxter).
Quello di Maggy Kammerer è stato per Bologna un gradito ritorno, tanto più che la cantante è giunta accompagnata dal prestigioso trombettista Axel Dörner, anch'egli non nuovo per i palchi della capitale emiliana (personalmente lo ricordo in un vibrante duo con Kevin Drumm). Il set si è svolto in tre parti. Nella prima parte il trombettista ha analizzato l'aspetto non 'musicale' del suo strumento, con una sequenza di suoni-nonsuoni presentati con l'abilità e la scioltezza del veterano, qual egli è, e senza mai lasciarsi tentare dal richiamo di una, cosiddetta in senso antico, 'nota'. La Kammerer si è esibita totalmente in acustico, in veste prettamente cantautorale, e la splendida resa sonora del locale ha favorito la percezione della voce in tutte le sue sfumature. In chiusura i due si sono ritrovati per rinverdire i fasti di I Carry Your Heart With Me, il brano che li aveva già fotografati assieme nel disco pubblicato dalla Kammerer un anno fa, con un trombettista in odore di classicismo e una cantante più jazzy, ben memore di quella tradizione che da Billie Holiday porta fino a Joni Mitchell. Men che una manciata di canzoni, ma intense, hanno lasciato intendere come fra i due esista il feeling necessario a lavorare assieme anche per progetti più consistenti.
Jérôme Noetinger, inserito come extra in un programma già stabilito, si è presentato nella formula inedita, per quanto riguarda l'Italia, della performance in solo. Il suo inserimento nel programma, rapido e imprevisto, mette il dito su una piaga che rende spesso difficile l'organizzazione dei concerti nel nostro 'amato' bel paese, una piaga a base di bilanci e burocrazia che rendono difficili le cose semplici e frustrano ogni possibilità di approfittare in tempo rapido delle occasioni che si presentano. L'allestimento, in un batter d`occhio, del concerto di Noetinger lascia intendere come, laddove ci sia la volontà , tutto è possibile. Ma veniamo all'esibizione, che ha visto il francese seduto davanti a un tavolo apparecchiato a dovere d`oggettistica, un autentico bestiario di modernariato elettrico. La corposa performance non ha presentato falle e ha inondato la sala con le avvolgenti spirali di suono, ora più sferzanti e ora più soffuse, di quello che è ormai da considerare come un autentico caposcuola.
Sinistri ++ è il progetto che affianca gli ex Starfuckers a Dino Bramanti, responsabile del trattamento digitale del suono in tempo reale. Si tratta della soluzione che potremo ascoltare nel prossimo disco del gruppo, in uscita per l`etichetta svedese Häpna, e quindi il concerto ha rappresentato una finestra su di esso piuttosto attendibile. Nell`occasione è stato scelto un espediente piuttosto particolare, con il gruppo dislocato in una stanza diversa rispetto al pubblico e visibile solo attraverso due schermi televisivi in b/n. Davanti al pubblico restava solo il Bramanti con il suo computer, per un risultato complessivo di presenza-assenza veramente suggestivo. Purtroppo un problema tecnico ha impedito la realizzazione del programma com`era stato previsto, cioè con uno sfalsamento del suono rispetto alle immagini. Comunque il concerto è pienamente riuscito e la qualità della musica, e del suono, lascia sperare al meglio per quanto riguarda l`atteso “Free Pulse”.
L`ultimo concerto della serie è stato riservato a un altro musicista australiano, il percussionista Will Guthrie che, per l'occasione, si è presentato con un set tipicamente elettroacustico. Certo, c'erano in giro dei piatti e un piccolo tamburo, ma sono stati utilizzati in modo totalmente inusuale e come accessori di un kit basato soprattutto su una svariata componente oggettistica. Il set di Guthrie è stato molto denso, seppure estremamente breve, e ha lasciato un po' d'amaro in bocca su un pubblico abituato a estensioni ben più consistenti. Ma, come ebbe a dire Jason Kanh, qual è la durata giusta di un concerto? E, si può valutare un concerto in base alla sua durata? Lascio la risposta al lettore, mentre penso al musicista che, dal canto suo, era più che soddisfatto per l`ottima acustica del locale.
Si è chiusa così questa tornata autunnale di “Desco Music”, mentre Tricoli già annuncia, per l`anno nuovo, John Duncan, Marc Behrens e Cremaster... Meglio di così non potrebbe andare.
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