Può esistere una poesia fatta di suoni?
Secondo me sì, e in ogni caso dipende dalla rigidità con cui si interpreta il termine poesia. L`ascolto di questo bellissimo CD può chiarire, più di centomila parole, cosa intendo per `poesia sonora`. Si tratta di un concept a più mani dedicato allo scrittore, saggista, critico e filosofo francese Maurice Blanchot, la cui concezione sembra avere molti punti in comune con buona parte degli odierni percorsi della musica sperimentale. Attraverso le parole di Stefano Zampieri apprendiamo infatti che all'influenza teorica, e all'autorità intellettuale di Maurice Blanchot corrisponde paradossalmente un sostanziale disconoscimento presso il grande pubblico. Certo questo è legato anche alla scelta compiuta dal critico francese di non apparire, cioè di rifiutare totalmente la vita pubblica, e quindi ogni concessione all'immagine, ogni rapporto con i media. Si tratta forse di un fatto di carattere, ma certo è giusto leggervi anche una precisa opzione teorica che Blanchot può facilmente motivare, in base alla sua idea dell'opera letteraria, che prevede un superamento, anzi una cancellazione dell'autore stesso: l'opera cammina da sola, è autonoma, una volta scritta essa risponde da sé, e perfino la voce di colui che dice `io` all'interno del testo, rappresenta una clamorosa menzogna, ogni volta ricreata dallo sguardo del lettore.
Gli artisti chiamati dalla SIRR, quindi da Paulo Raposo, a svolgere il tema sono fra i migliori offerti oggi dalla piazza; ma tale qualità schierata a monte non garantiva certo, di suo, una riuscita finale che a conti fatti supera ogni più rosea previsione. Quindi c`è sicuramente stata una comprensione, ed una passione, da parte dei protagonisti nei confronti di quanto “noli me legere” andava a proporre.
Il disco si apre con un flebile ping-pong fra voce maschile e femminile, Brandon Labelle e Maria Nilsson, recitato sopra una tessitura di suoni altrettanto flebili. Segue Christof Migone, e la pulsazione che si ascolta in apertura non è quella di un cuore visto al rallentatore ma quella di due pupille; il brano si sviluppa poi nel più puro stile elettroacustico contemporaneo. Più che grande, direi immenso, è il padrone di casa Paulo Raposo, il cui contributo si dipana fra una cappa di suono profondo, rintocchi e sfrigolii metallici e un borbottare greve nel sottofondo, fino al bagno di folla finale. Bagno di folla ripreso immediatamente, nel più classico stile concreto, da Stephen Vitello, con claxon, voci e fischietti che scandiscono il classico slogan del Maggio Francese. Molto delicate e soffuse sono poi le costruzioni di Julien Ottavi e Steve Roden: il primo bilancia una nebbia ambient con piccoli suoni dall`eco metallica e il secondo si cimenta con voce e chitarra in una nenia lunatica e soffusa. Ben ci sta, in chiusura, il grande maestro giapponese Toshiya Tsunoda che cattura la risonanza trasmessa da un coro di cicale all`interno di una bottiglia.
Magari “noli me legere ...to Maurice Blanchot” non è epocale come “In Memoriam Gilles Deleuze” della Mille Plateaux, ma è ancor più bello.
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