La pratica di scrivere della musica ed affidarne l`esecuzione ad altri musicisti è tipica della tradizione classica e talmente in disuso da essere riducibile a ben pochi esempi della contemporaneità . Ma si tratta di una pratica che può essere, e deve essere, recuperata, seppure si tratti di un recupero che non può avvenire con leggerezza e richieda perciò attenzione e competenza. Nel nostro caso i requisiti necessari non difettano di certo, nè all'autore nè all'esecutore, ed è quindi con interesse e spirito curioso che bisogna avvicinarsi a questo nuovo disco di Taku Sugimoto, e anche con la consapevolezza di essere alle prese con una situazione anomala rispetto alle nostre abitudini.
La scrittura di Taku non è per chitarra o per violoncello, gli strumenti che solitamente egli suona, ma per cimbali, `accessori` secondari nella musica occidentale ma elementi essenziali nel jazz e nella tradizione della cultura buddista, ed è affidata a uno dei massimi esperti in strumenti a percussione della contemporaneità . Tengo a precisare questa cosa perchè l`ascolto del CD richiede una predisposizione positiva alla comprensione, basata sulla conoscenza degli elementi che lo compongono, altrimenti tanto vale evitare di ascoltarlo.
Un altro intoppo è sicuramente costituito dai lunghi silenzi che separano alcune delle varie fasi in cui è divisa la composizione, e di nuovo servirebbe una raccomandazione su come sia necessario armarsi di pazienza per non correre il rischio di liquidare il disco con un banale `non ho tempo da perdere` (la `fretta` e la `mancanza di tempo da perdere` sono i veri mali della nostra civiltà , altro che il fumo!!!).
“Music For Cymbal” merita invece una parte del vostro tempo, che poi è piccola perchè il suo ascolto per 20 volte rappresenta solo la 25550ª parte di una vita media... e quanti sono coloro che ascoltano (veramente, intendo, senza fare altro) un disco per venti volte. La composizione di Taku è suddivisa in una serie di `studi` nei quali il `disco metallico` viene `aggredito` con modalità diverse, si passa cioè dalla percussione fitta e continua, con le vibrazioni che vanno a costruire una specie di saturazione sonora, alla percussione rarefatta, nella quale ogni battito avviene dopo il completo annullamento delle risonanze generate dal battito precedente, fino a giungere all`estremo di singoli battiti preceduti e seguiti da lunghe pause silenziose.
La ricezione del suono può essere scomposta in tre livelli diversi e complementari: il livello del beat puro e semplice, il livello delle risonanze e il livello della diffusione spaziale.
La percezione del beat richiede un ascolto ravvicinato atto a percepire giochi di abilità che, spesso, sono più disciplina per un fuoriclasse di arti marziali che non per un percussionista qual è Jason Kahn.
Un ascolto meno `ravvicinato` permette di focalizzare lo scorrere fluido delle risonanze, che variano timbricamente in base alla frequenza, alla potenza e alla locazione dei battiti.
Un ascolto in movimento permette di cogliere le variazioni determinate dalla diffusione spaziale di suoni estremamente dinamici, che ora possono manifestarsi come un coro di flauti e subito dopo come un requiem per organo, in grado di livellarsi in più strati di microvariazioni neurotoniche.
Un'altra diversificazione nell`ascolto può venire dall`utilizzo di volumi diversi che, egualmente, porta ad una percezione ulteriormente diversificata delle varie stratificazioni sonore. Gli unici appunti possono riguardare un`eccessiva freddezza - non so se attribuibile alla `scrittura`, all`esecuzione o ad entrambe le componenti - e una mancanza di concisione. Ma il giudizio complessivo è senz`altro positivo.
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