Lo sconfinamento, da parte della musica improvvisata, un po` in tutte le forme e in tutte le tradizioni ha portato ad una possibilità di variazioni praticamente illimitata. Si tratta di una strada indubbiamente aperta dalla musica jazz, ma che s`è in seguito radicalizzata con la crescita e l`affermazione di modelli improvvisativi anche estranei a quella tradizione.
Questi `quartetti` di Manuel Mota, per esempio, presentano una formula che a mia conoscenza è totalmente inedita: chitarra elettrica, trombone, contrabbasso elettrico (o elettrificato) e carillon. Devo dire che i primi ascolti, non riuscendo a individuare una collocazione per l`azzardato connubio, mi hanno sconcertato. Poi, e questa è prerogativa dei frutti pregiati, gli impasti strumentali hanno cominciato a trasmettere una certa logica e i `quartetti` si sono andati inquadrando in quel settore dell`improvvisata che potremmo definire `da camera`. Forzando un po` gli spazi e aguzzando la vista è possibile intravedere l`ombra, in fatto di tradizione jazzistica, di un `bardotto` fra il trio di Jimmy Giuffre (con Jim Hall e Ralph Peña) e il Modern Jazz Quartet. Del primo c`è la formula triangolare 'strumento a fiato - contrabbasso - chitarra', con il fraseggio limpido di quest`ultima, e del secondo il ruolo del vibrafono trapiantato nell`anima del carillon. Oppure, cercando in ambiti `più` contemporanei, è individuabile l`idea di un'improvvisazione da camera non idiomatica come stilizzata dai quartetti di Maarten Van Regteren Altena, se non che qui il linguaggio è più disarticolato, rarefatto e puntillistico ed è assente lo spirito dissacrante della scuola olandese.
Volendo scavare più in profondità è impossibile non notare la dicotomia carillon-trombone: il primo è uno degli antesignani della moderna `programmazione`, un `computer` molto primitivo, e il secondo è uno strumento altrettanto `primitivo`, con la sua meccanica elementare e le sonorità che ricordano d`appresso una voce umana costipata. Al centro di questa dicotomia vivono le due stazioni intermedie di un percorso che dallo strumento tradizionalmente inteso porta alla completa programmazione, a rappresentare quel passaggio transitorio che si chiama `elettricità `.
“Quartets”, prodotto e arrangiato da Sei Miguel, comunque lo guardi è un disco affascinante e, superati i primi momenti di disorientamento, finisce per conquistare con la sua eleganza e la sua originalità .
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