L`intellezione, dapprima senza contenuto, ovvero inizialmente dileguamento del contenuto, successivamente si riempie di contenuto, e si 'contiene', ovvero prende la forma dell`oggetto. Questo 'piano', appare lungo i solchi della fenomenologia, come l`unico attualismo intercorrente tra l`idea e la costituzione della materia in senso hegeliano (che è quel punto di vista che ha solcato in modo irrecuperabile e con estreme conseguenze tutto il soggetto sonoro adorniano). Per approssimarsi lungo l`emblema variazionista, che come dell`inchiostro negativo e anchiloso fa riapparire nell`orizzonte di un ritratto gelido le fondamenta di un universo che si rigenera nel caos, c`è bisogno della direttiva filosofica del tema del tempo come costituzione periodica e contigua di un prima e di un dopo; solo in questa modalità prende forma la grande novità che risiede in questo materiale di Alva Noto e Ryuichi Sakamoto, giunti or ora, ad un nuovo episodio comune, dopo l`emblematico “Vrioon”. Il tempo musicale si confronta sempre, e non a caso, con il magma plurifonico e massimalista della punteggiatura. La plurifonia determina l`orizzonte di durata e la modalità con cui un suono, inizialmente privo di contiguità , adattandosi all`universo circostante e retrostante, contiguamente, si riempie di materia e prende la forma di un suono. La forza di “Insen” consiste nel perdere continuamente contenuto, nel non agganciarsi tramite la temporalità alla forma definita di un oggetto sonoro, ma di trovare nel tempo corrente il dileguarsi della sua forza costituente, piuttosto che il costituirsi di una materia definita.
Già in “Vrioon” i due musici, probabilmente lavorando su distanze incolmabili, acceleravano il dissolversi di un piano d`intarsi comune: Sakamoto, sempre più vicino all`estetica di Satie, diteggiava organigrammi di sospensione armonica, Alva Noto dispensava tra i solchi di quelle immagini scisse la scarica elettrica di una scansione temporale. Stavolta, se il ruolo di Sakamoto si eternizza, divenendo più indecifrabile ancora, è il modo d`intervento di Noto a farsi terribilmente adialogico. Nelle note si legge che stavolta è direttamente dal piano processato, e da lì, e non da altre fonti, si ricavano i microdettagli scandagliati tra le armonie di piano elettrico. Il risultato che ne deriva è indubbiamente meno materico, più stratiforme, talvolta incerto e variabile e per questo, proprio per questa modalità , necessario per un vero e proprio superamento del surrogato con cui ci si è soliti rifornirsi del senso del contenuto. E del capovolgimento estetico adorniano. Qui la forma, trasposta in una continguità prima di stabilizzazioni, paradossalmente, acquista sostanzialità solo nei suoi inizi, tra le pause di variazioni che diventano tutto quello che è in loro atto, ma che si sgretolano mentre diventano, mentre nel loro fluire stanno per divenire qualcosa. Scrive Peter Handke: '(La durata) si trova piuttosto in momenti di epifania, quando d`improvviso qualcosa che esisteva già prima di quel momento, si ripete in una versione diversa e noi abbiamo la sensazione che nella vita umana vi sia una specie di intimo legame, anche se non conduce ad un porto sicuro. Si può dire che la sensazione della durata talvolta sia la più elevata di tutte le sensazioni'. In queste immagini, più che nei suoni anticostituenti e trasbordanti di queste piccole polluzioni variazioniste, si percepisce la forza carica di presente di ciò che “Insen” contiene: decadi in simulazione d`immagini che formano monumenti di fiori e che nel frattempo periscono stando seduti, intersezioni che si ripartiscono in definizioni che non hanno prassi d`esistere ma che coesistendo col nulla innescano trasandate impressioni di materia. “Insen” retroagisce in questi firmamenti incolore, come un composto chimico di nuova generazione, col variare di un aggregato, salta via, si rigenera, disperde la sua catena biogenetica. Ed anticipa la morte della definizione.
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