Una vita passata a giocare con i suoni. Una vita fatta d`amore per i suoni più che di un loro sfruttamento. Una vita discreta. Questi sembrano essere stati gli anni di Akio Suzuki: pochi dischi in giro, alcune installazioni, qualche scultura, o `struttura d`ascolto`, dalla quale poter percepire in modo ottimale gli umori dell`ambiente circostante. Eppure si tratta di un `maestro` storico (è nato nel 1941 a Pyongyang, Corea del Nord), da anni sulla breccia, già nella Company del 1982 con Bailey, i Tippets, Frith, George Lewis e Anne LeBaron, e, proprio in questi giorni, appetibile in un nuovo disco insieme a David Toop. Per il resto sono pochissimi i documenti reperibili, fra di essi anche questo doppio CD giapponese tutt`altro che facile da trovare. L`impressione non è però quella del musicista isolato quanto del misantropo: un pastore di suoni che ai clamori della ribalta preferisce il raccoglimento della sua abitazione nella campagna giapponese. Lì, a diretto contatto con il suo gregge, dove c`è la sua vita. Nonostante questa ritrosia nei confronti della rinomanza il suo influsso ha toccato più cuori: quello di Christina Kubisch come quello di Steve Roden... quello di Jeph Jerman come quello di Bernhard Günter... Ecco che, allora, questa raccolta di scampoli si presenta ancor più indispensabile. Oro puro, in pepite, così come sgorga dalla miniera. Quello di Suzuki è un modo di fare musica che fa tesoro della sua esperienza diretta, che presta attenzione alle sue pratiche di `ascoltatore in natura`, che si rapporta con umiltà a quelle che sono le voci dell`universo. I suoi suoni sono decorati con strumenti autocostruiti, o con oggetti adattati a tale uso, e rappresentano l`alito di una riflessione profonda e interiore. I suoi suoni sono meditazione. I suoi suoni non sono rivolti a un ipotetico pubblico quanto al proprio pensiero. Per comprenderli non basta ascoltarli, ma è necessario farli propri.
Voice, per esempio, si ispira ai numerosi `punti d`eco` presenti in natura - che lo hanno spinto alla creazione di uno strumento detto `Analapos` - e riporta l`ascoltatore ad un gioco, quello con gli echi, che sicuramente appartiene alla sua memoria, pur essendo stato accantonato a tornaconto di interessi ben più concreti. Altre volte l`incontro fra la sua creatività e l`essenza delle cose è postumo, istintivo, com`è il caso di Ha Go Ro Mo, dacchè solo in un secondo tempo ha scoperto che il suono dell`omonimo strumento, cinque tubi di vetro sospesi orizzontalmente, è simile a quello delle cinciallegre. Il rapportarsi alle voci del mondo è, comunque, quasi sempre presente, così è in una Drumming accarezzata su `wood` e `stone` come in una Ta Yu Ta I dove i flauti sono stati intagliati dalle sue stesse mani. Così come è presente in Aeolian Harp, affidata agli umori del vento.
Suzuki non è però un isolazionista, se mai è indotto da un pensiero zen, e lo stretto rapporto con Junko Wada, pittrice, ballerina e performer, ne è una prova, oltre ad essere uno stimolo ad alto potenziale creativo. Blue From Gold è una trasposizione della gestualità di Wada nei movimenti delle mani che accarezzano la tastiera del piano. Anche als-ob, un pezzo creato con bottiglie da birra, e Drumming nascono in funzione di una collaborazione con la performer.
Infine c`è il gioco, al quale abbiamo già accennato, o la memoria di esso, il rifiuto di affrontare la vita come una corsa al rovescio. Come un gioco è definibile il meccanismo dell`installazione Howling Object: tubi di cartone, microfoni a contatto e ricevitori FM posti nel pavimento, con il performer in movimento fra essi a cambiarne la dislocazione: tutto, ogni movimento, ogni azione, diventa suono. Così come un gioco è quello di Plate Juggling, con l`autore impegnato a riproporre un passatempo, che faceva quando era un ragazzo, utilizzando vecchi giradischi portatili e vinili a sette pollici.
Ma non è solo il processo della creazione ad essere particolare in Suzuki, perchè dietro a questo c`è l`idea dell`annullamento della distanza fra pubblico e performer, l`idea di una musica che esiste indipendentemente dall`autore, l`idea che quest`ultimo rappresenta solo un tramite fra i suoni e la loro manifestazione. L'idea del musicista visto, più che altro, come sciamano. Un`idea che mai nessuno è stato tanto vicino dal tradurre in pratica.
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