Il duo formato da Christoph Heemann e Andrew Chalk (con l'occasionale collaborazione di Andreas Martin e Jim O`Rourke) continua a produrre dischi che passano praticamente inosservati, eppure entrambi i musicisti vantano una storia ed un nugolo di collaborazioni in grado di garantire a chiunque una vita a base di rendita. E` difficile capire i motivi reconditi che stanno dietro a una simile assurdità , anche se uno di questi motivi potrebbe essere ricercato in quell`attitudine da autentici `isolazionisti` mostrata dai due.
Quella dei Mirror è una musica essenzialmente `chitarrosa`, che trova riferimento nell`ambient migliore, a partire da un certo Brian Eno più dilatato, ma anche negli esempi più fulgidi di cinematografia spaziale e in alcune classiche colonne sonore legate a quel genere. Christoph Heemann, in particolare, sembra avere una vera e propria ossessione nei confronti di Andrej Tarkovskij.
“Still Valley” risponde perfettamente all`identikit che può venir fuori da quanto scritto fin qui. La musica si distende verso spazi infiniti, dove regna il nulla, in impercettibili giochi di luci e ombre, trascinata, immateriale e fluttuante, più che spinta da un proprio motore. Si tratta di una musica alla deriva, fatta di modulazioni di suono sottili come incorporee lamine di metallo affidate al flusso del vento. Sembra strano, data la durata del brano, ma i 37 minuti di Still Valley non sono nè troppo nè poco, `essenziali` allo stesso modo in cui lo sono i 10 secondi di una canzone dei Melt Banana. Sembra che l`etichetta sia intenzionata a produrre una versione compact del disco, naturalmente con l'aggiunta di altro materiale.
“Viking Burial For A French Car” è un brano più terreno, e parte della registrazione proviene da una performance data a Dundee, in Scozia, dove i Mirror avevano sonorizzato le immagini di “Haxan” (un film muto del regista svedese Benjamin Christensen datato 1922). La musica è costituita da un crescendo imponente e, nel finale, va a defluire verso quello stesso silenzio che l`aveva generata. La differenza sostanziale, anche rispetto alle altre realizzazioni dei Mirror, sta in una formazione che, causa la partecipazione di alcuni musicisti indigeni, è più un `gruppo` in senso classico. Le caligini `chitarrose` vengono spinte, sostenute e disturbate dalla presenza di un bassista (Gavin Laird, che con David Keenan aveva fatto parte dei Telstar Ponies) e di un percussionista (Alex Neilson, noto anche per un progetto in duo con Richard Youngs). E` così che sottofondi industrial vanno a interferire con la struttura portante, provocando quei significativi refoli di movimento che spostano l`asse verso la materialità di cui s`è detto.
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