Sembra strano ma questo è il primo disco degli americani Gorge Trio inciso per la Skin Graft. Strano perchè in piena epopea now(!)wave il Gorge Trio è stato uno dei gruppi di riferimento, legato com`era a triplo filo con un`altra bandiera di quel movimento sonoro, i Colossamite (mentre adesso li si trova ammanigliati anche con Flying Luttenbachers e Deerhoof). Invece di dare alla luce i propri lavori con i favori della label per eccellenza di quel periodo, il gruppo lasciava pubblicare i suoni primi due dischi dalla siciliana Free Land (adesso purtroppo ferma) di cui, quello con Milo Fine, era un vero capolavoro. A ben vedere però la Skin Graft ha già contribuito a produrre un tour cd, lo scorso anno, che il gruppo ha venduto esclusivamente in occasione delle esibizioni dal vivo; un disco letteralmente deflagrante ed ostico che è un peccato non si citi mai quando si parla della discografia della band. In ognuno dei quattro dischi (cinque se si conta anche il recente “...Just Arrived” in doppio trio con gli A Short Apnea, uscito per un`altra etichetta Italiana, la Wallace) non hanno mai ripetuto formule sonore sviluppate in precedenza e se avete avuto il piacere di vederli dal vivo avrete sicuramente notato come anche il live sia decisamente diverso dai dischi in studio. Se poi si considera anche come in ogni lavoro abbiano sempre portato avanti ed esaurito un percorso a se stante ecco che la sensazione di trovarci davanti una band inafferrabile e padrona dei propri mezzi non è tanto sbagliata. Tutto questo per dire come, se ad un primo ascolto questo “Open Mouth, O Wisp On” potrebbe risultare sfilacciato e inconcludente, dopo ripetuti ascolti una coerenza di fondo non è poi così difficile da trovare.
Mettersi a spulciare ogni singola traccia risulterebbe sterile considerando che, per quanto duri il disco, si farebbe sicuramente prima ad ascoltarlo: basti dire che in mezzo a tanta improvvisazione potrete trovare del jazz classico così come del folk alla Gastr Del Sol se non il noise alla Deerhoof ed anche un po` di elettronica. Con le dovute proporzioni queste ventidue cellule impazzite sembrano ricalcare le produzioni FMP della trinità Brotzmann / Van Hove / Bennik nel modo in cui legavano insieme improvvisazioni spietate con spiazzanti citazioni melodiche. Quando si parla di musica così schizofrenica di solito vengono sempre in mente i gruppi del sol levante ed ecco per magia spuntare come ospiti tre giapponesi niente male: Keiko Beers, Brett Larner e Tennis Saya.
Questo è un disco che, semplicemente, beneficia della divina dote della sintesi e non so quanti al giorno d`oggi potrebbero permetterselo.
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