Molly Jane Sturges è una giovane compositrice in azione da poco tempo dentro la factory sperimentale americana. I suoi propositi nel comporre sono quelli di coniugare linguaggi comunicativi che non siano propriamente musicali: lo studio dell`antropologia, con lo sguardo prediletto per gli indiani del sud; l`inserimento nelle sue performance di elementi, quali gestualità corporea, danza e video-art; la passione, tramutatasi nel tempo in insegnamento, per le pratiche meditative dello yoga.
Ma la bella Sturges è anche un`elaborata / spiccata cantante di ricerca che studia con interesse tonalità estese e inconsuete, da eseguire con le corde vocali. Un canto mirato maggiormente alla decifrazione di situazioni astratte che compensano l`operato svolto da due esperte del settore, come Diamanda Galas e Sainkho Namtchylak. I recenti concerti avuti in coppia con Anthony Braxton e Malcom Goldstein hanno contribuito a perfezionare la tecnica manipolatoria della nostra, la quale da parte sua non si lascia sfuggire l`occasione di dar vita a svariati progetti contemporaneamente.
Bing e Mjane sono gli unici due che comprendono un numero consistente di musicisti. Del primo rimangono impressi i colori della tradizione: scampoli di musica Klezmer e Balcanica, jazz orchestrale uniti alla modernità del funky anni `70 e dell`indie-rock. Del secondo colpiscono i ritmi orientaleggianti fusi tutt`uno con rivoli d`improvvisazione, elettronica ed elettro-acustica: l`uso di campionamenti registrati in tempo reale durante la performance, ad esempio, viene frequentemente adoperato dal combo. Conduzione, composizione, harmonium e, naturalmente, voce sono affidati alla grazie di Molly che, nella formazione, sceglie di farsi affiancare da un nucleo di musicisti vicini agli ambienti dell`improvvisata radicale californiana: Dj Ultraviolet ai turntables, Ck Barlow ai sampling e live sampling, Jefferson Voorhees alle percussioni e Moustapha Stefan Dill all`oud; quest`ultimo, un antico liuto arabo, è complice delle delicate increspature mediorientali - magnifico l`arpeggio introduttivo di (Dis)solve - accennate poc`anzi. “Prayers From The Underbelly”, l`unica opera creata sin`ora da(i) Mjane, è stato registrato due anni fa durante la prima esibizione in pubblico presso l`Annual High Mayhem Festival di Santa Fe.
Cosa si materializza dopo aver schiuso le porte del lavoro con i primi ascolti?
Si apre uno spiraglio in cui (quasi) tutte le molecole che rendono accattivante la musica contemporanea si uniscono in un`intesa sapientemente bilanciata. Si percepiscono campionamenti di pianoforte, con basse improvvisazioni elettroniche, fare strada ai primi accenni dell`oud (Utterance); si incontrano i primi spasmi di una voce contorta, Summon e il flash che emana di Demetrio Stratos, che non rinuncia a pacate deviazioni spirituali (Pilgrim).
Non mancano momenti tipicamente free come Bones e Birch, con al calare un cantato (micro)acuto alla stregua di Amy Yoshida. Il minimalismo, il suono organico, etereo e compatto dell`harmonium fanno tappa in Edie, mentre per She si sceglie la via romantica. La passione per i suoni etnici è forte e uno dei maggiori pregi della Sturges sta proprio nell`evitare qualsiasi scivolata dentro quei patinati manierismi cui è spesso soggetta la cosiddetta `World Music`. Una costruzione fatta di continui chiaroscuri, e di emozioni altalenanti, che avvicina a sè l`impeto `cosmopolita` dell` Ed Lawes di “14 Tracks / Pieces”, differenziandosi da esso per lo spazio maggiore riservato ai paesaggi mistici dell`Oriente. Una musica costruita seguendo l`inconscio, i movimenti spontanei e naturali, e lasciando a casa il grigiore delle certezze!!!
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