Era da tempo che non seguivo l`evoluzione di Peter Rehberg, uno dei musicisti più importanti, se non altro per aver fondato la Mego, della nuova musica elettro-elettronica. Ma pubblicare due dischi in un breve lasso di tempo su quelle che sono due fra le più interessanti etichette del momento non è cosa da tutti, nè da tutti i giorni, e quindi è una motivazione sufficiente a stimolare la mia curiosità . I due dischi, nonostante si differenzino nell'intestazione e nella motivazione delle musiche che li compongono, sono abbastanza simili. Il primo (*), attribuito allo storico marchio Pita, contiene infatti musiche concepite per il supporto seriale mentre il secondo, firmato dal musicista con il proprio nome, contiene musiche composte per il coreografo Chris Haring. Il fatto che Rehberg, in passato, si era sempre firmato con il proprio nome in occasione delle collaborazioni e aveva riservando la sigla Pita alle opere soliste ci fa pensare che “Fremdkoerper” viene considerata in tutto e per tutto come una collaborazione, anche se il supporto digitale ci trasmette solo la parte sonora di essa. Questo aspetto della collaborazione con un coreografo, non nuovo in Rehberg, rappresenta un elemento piuttosto particolare e tipicizzante data la sua infrequenza presso una giovane generazione che preferisce l`installazione inanimata. Dal punto di vista espressivo si nota un`evoluzione, o meglio un cambiamento, dove la frantumazione e la granulosità degli inizi ha lasciato parzialmente il posto a costruzioni dal mood strutturale più continuo. Titoli come Eternel e 1407 hanno un passo che può essere ben definito come ambient, se non che, in linea di massima, Rehberg continua a conservare un atteggaimento noise, guadagnando pure in drammaticità , estranei alla maggior parte degli ambientalisti puri. I due dischi, accanto a reminiscenze del passato come Bite Double, presentano infatti numeri dall`impatto massiccio e tellurico come Babel, Scream e Like watching shit on a shelf. Ma anche la variabilità sembra un dato di fatto ormai acquisito e, in Mutisil e More break after the terror, Rehberg sa ritagliare anche momenti di delicata e notturna estraniazione. Il `manager` austriaco, nonostante gli spericolati flash degli inizi siano ormai spenti, continua ad essere depositario di una buona qualità e il vino della sua botte, pur non essendo uno di quei brunelli da sballo, sta comunque invecchiando molto bene.
(*) Il titolo sembra rifarsi, in qualche modo, al binomio "Get Out" - "Get Down" uscito su Mego, però non ho mai avuto quei due dischi e non posso essere più preciso.
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