Affrontata in buona parte la bollente scena indipendente Berlinese, Marcus Liebig (curatore dell`interessante etichetta `casalinga` Absinth) trasporta il suo buon gusto per le musiche improvvisate e/o elettro-acustiche nel Regno Unito. L`idea è quella di selezionare quattro tra i musicisti più particolari in ambito di strumenti a corda e pubblicare ognuno dei brani offerti su singoli tre pollici, come per le precedenti serie `a tema` su Berlino. Ecco formarsi “London Strings” che subito colpisce per lo stacco generazionale riflesso nei nomi coinvolti: la vecchia guardia, incarnata dal violinista Phil Durrant e da Mark Wastell al contrabbasso, seguita dalla nuove leve della musica `informale` inglese, come i fratelli Angharad e Rhodri Davies (già noto e attivo da tempo nella factory impro londinese e non).
A questo punto, prima di passare ad una carrellata dell`intera opera, mi preme fare una piccola lamentela per l`assenza nella compilazione di una chitarra, proprio in un paese conosciuto per la tradizione chitarristica che va a braccetto con l`improvvisazione (e citare Derek Bailey mi sembra superfluo).
Tri Sŵn, della giovane Davies, è una composizione per violino preparato dalle angolature aspre. Secche e spartane, le sonorità ricercate dalla violinista trasmettono un gusto estetico per l`estrema alterazione dello status sonoro originario. D`altro canto ben riesce la giovane nell`impresa di `trasfigurare` il violino in qualcosa di indefinito (rumori, sibili metallici, corde sfregate da corpi esterni...) ma poco è concesso al piano emozionale, rigido e rinchiuso dentro un eccessivo manierismo `dodecafonico`. La composizione è dedicata alla memoria di Charles-Andrè Linale, violinista virtuoso dalle affinità elettive con la Davies.
Il fratello Rhodri si direziona in altre strade dando vita ad un quartetto condiviso con John Wall, Taku Unami, Jonathan Dunstan. Perdereau (da Jacques Perdereau, giornalista e ascoltatore interessato di musica nuova) è animato tra velati ed oscuri dialoghi, scaturiti dal meditato interagire di un'arpa con otto mani; l`andamento sospirato della partenza dona maggiore risalto agli abissali echi, prodotti dalle risonanze delle corde, mentre una flebile coesione del tessuto organico si accresce, di forma e volume, verso la fine. L`interesse per le micro-tonalità rientra e si conferma tra le caratteristiche principali del modus operandi di Davies.
Con Almost Phil Durrant pone una precisa scansione del tempo suddivisa in `Two Movements`. Durrant esplora le sonorità crude del violino ricercando in esso armonie articolate da sperimentare. Una ricerca del resto sottolineata dallo stesso autore nelle note con queste parole: "focuses on `in between sounds`". Marchingegno sonoro complesso, Almost è scisso in due dimensioni (immaginarie) in cui il suono viaggia parallelamente tra fonte sonora riconoscibile e/o irriconoscibile.
Conclude uno stupefacente Mark Wastell che in For John Entwistle 1944-2002 fa della semplicità il suo punto di forza. Poche linee di contrabbasso, lentamente percosso, un ritmo fumoso jazz(y) che riconduce al passato di Wastell. Da non dimenticare le fugaci apparizioni dei nepalesi `singing bowls` che arricchiscono ulteriormente la calda magia emanata all`ascolto.
E` sempre piacevole intrattenersi con della buona musica ma un`attenzione speciale nei riguardi della Absinth è in primo luogo doverosa per il brillante spirito auto-produttivo che la anima, favorendo la creazione di `oggetti` non solo belli da ascoltare ma anche da vedere e da conservare accuratamente.
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