Abbiamo detto, a più riprese, del percorso di emancipazione che ha avuto come protagonisti gli strumenti a percussione, ed ecco qua due esempi ben concreti e, per i risultati conseguiti, pure strabilianti. L`approccio del norvegese Ingar Zach non sembra però risentire dell`influenza di Baby Dodds (vedi la recensione a "Talking And Drum Solos"), se non filtrata attraverso le `vibrazioni` create su piatti e pelli da Sunny Murray, ma sembra pittosto partire dagli esperimenti di Stockhausen in Mikrophonie I, dove le percussioni venivano sfregate, per ottenere suoni lunghi, e dove un importanza fondamentale era rivestita dall`utilizzo dei microfoni e dalla elaborazione del suono. Insieme all`esperienza del compositore tedesco sono però individuabili altri elementi, quali l`utilizzo degli strumenti a percussione nella tradizione giapponese, inteso non in senso ritmico ma pittorico, e i bordoni sonori (o drones) di alcune culture etniche. Quindi “Percussion Music” è qualcosa d`altro del nuovo banale, o al massimo curioso, disco in solo di un batterista. A farne una cosa speciale contribuisce anche l`ambiente di Oslo in cui è stato registrato: una fabbrica di cioccolata abbandonata dall`acustica affatto particolare. Zach, accanto ai vari oggetti e strumenti catalogabili come `strumento a percussione`, utilizza anche lo zither, probabilmente azionandone le corde con dei motori, ma la cosa non è riportata nelle note di copertina e quindi è solo una mia impressione da prendere con le molle. Invece è riportato in copertina il consiglio dell`autore per un corretto ascolto del disco: a volume molto alto e mantenendo costante il livello dello stesso per l`intero brano.
Ancor più speciale è “Vibra #1”, se non altro perchè l`autore non è affatto un batterista ma un bassista / violoncellista. Il disco, realizzato con un tam tam a 24 pollici, inaugura una serie di composizioni per solo tam tam dedicate alla memoria di Roger Sutherland (saggista e strumentista che ha suonato, tra l`altro, con Scratch Orchestra e Morphogenesis). Il tamburo utilizzato, fabbricato in Toscana, proviene proprio dal set di strumenti a percussione che Roger utilizzava nei concerti con i Morphogenesis. Il brano di Wastell è tutto giocato su effetti di risonanza e, oltre allo Stockhausen già ricordato, fa pensare alle musiche per gong, comprese quelle elaborate elettronicamente da Thomas Köner nei suoi dischi di orientamento più ambient. Onde che si allargano, come cerchi sull`acqua, e pian piano si affievoliscono fino a venire sommerse dall`onda successiva. I cultori di questo genere di cose non devono assolutamente lasciarsi sfuggire queste due realizzazioni. Per gli altri non è mai troppo tardi per cominciare.
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