Credo che non avrei mai recensito i nuovi dischi di AGF, TBA e Masha Qrella, limitandomi a sfogare la mia frustrazione per tre acquisti sbagliati con ipotetiche mazzate nei testicoli, se non avesse vinto la voglia di recuperare il disco d`esordio della Qrella che, invece, è un piccolo capolavoro per gusto e oculatezza.
Premetto che, in tutti e tre i casi, si tratta soltanto di `normali cantautrici` che, cercando di stare al passo con i tempi e con i trend, imboccano la strada dell`accompagnamento elettronico, allo stesso modo in cui nel 1500 avrebbero scelto un mandolino e negli anni Sessanta una chitarra. Quindi non si tratta d`altro che di `naturale` evoluzione. Ma gli eterni classificatori, quelli che si rapportano alla musica per sigle cifre numeri e non per feeling, hanno subito trovato il modo di catalogare questo `nuovo fenomeno` con geniali definizioni come, udite... udite..., folktronica, indietronica et simili (definizioni talmente brutte e banali che mi vergognerei solo a pensarle). Sarebbe come chiamare documentronico un documento che è stato scritto e stampato con il computer o merdariana la cacca di un vegetariano (che indubbiamente ha un colore e una puzza diversi). Ma `va da via i ciap`!!!!
Antye Greie, in arte AGF, non mi ha mai convinto in pieno perchè ho sempre trovato la sua musica artefatta ed eccessivamente patinata, ma erano comunque da apprezzare gli sforzi compiuti per trovare alcune soluzioni inedite. Con questo album AGF sembra rinunciare ad ogni velleità di riforma per retrocedere verso una specie di soul-pop che fa pensare a una revisione dei Portishead scarnificata (un pochino) e minimalizzata. La tedesca, lasciato da parte il semirecitato alla Laurie Anderson, si riappropria di un sussurro derivato da modelli neppure troppo celati, non sono infatti Jim Morrison e Sade che vengono citati in Break Doors e Slow Living (e un alzheimer incipiente mi impedisce di ricordare la citazione, banalissima, che c`è in from Morning On). Le basi di Vladislav Delay scorrono senza spigolature, sinatriane, a creare un`atmosfera tanto aulica quanto inoffensiva. “Explode” è talmente `piacione` che finisce per non piacere affatto.
Discorso diverso per la georgiana Natalie Beridze, protetta di Thomas Brinkmann, che con questo “Annulé” si presenta al nastro di partenza. La sua proposta è quella che più si allontana da un discorso puramente cantautorale per manifestare timide velleità arty. La voce sensuale della cantante si srotola sorniona su tappeti elettronici di svariata forma (dall`hip-hop al dub), sempre abbastanza ruffiani e spesso piuttosto banali, riuscendo infine sufficientemente noiosa nonostante qualche levata di scudo come Smashed (quasi un minuetto). Si tratta di una musica dal carattere essenzialmente urbano che ricorda una delle prime forme musicali legate all`urbanizzazione, il ragtime, o i primi accompagnamenti per il cinema muto. L`idea potrebbe essere intrigante, ma è sviluppata con una certa superficialità e si perde per strada in inutili giochetti strumentali, come Soshi, che iniziano, vanno avanti come sono iniziati e finiscono come sono andati avanti, lasciando cioè il tempo che trovano.
Qualcuno penserà che sono il solito rompicoglioni incontentabile, e a volte pure a me viene questo dubbio, ma poi ci sono dischi come “Luck” che mi fanno ricredere. L`esordio di Masha Qrella, tastierista con i Mina e chitarrista con i Contriva, conserva una freschezza eccezionale nonostante sia datato 2002. Pochi accordi di chitarra spigolosi e frammentati, una leggera linea di batteria, qualche tocco di tastiera, sporadici arrangiamenti d`archi, qualche spruzzate d`elettronica (se c`è?) e una voce che non promette improbabili avventure erotiche, il tutto a sostegno di melodie flebili e raffinatissime, ma mai leccapiedi o prevedibili. Fra i brani c`è un quadretto strumentale dedicato To Mr. Wyatt che, da solo, dice più di mille parole. Dopo la fine, e dopo qualche secondo di silenzio, c`è la traccia `bonus` (giustamente inserita come tale perchè esula da tutto il resto): è una cover da brivido di Vertikal dei Rechenzentrum virata in salsa spaghetti-western. “Luck” è un disco sfuggente e bellissimo come la foto della copertina che lo contiene.
La notizia che il secondo disco della Qrella sarebbe uscito per la Morr Music, etichetta ben più rampante della Monika Enterprise, lasciava già prevedere il peggio. “Unsolved Remained” è più corposo e più elettr(ico/onico) del suo predecessore, e la Qrella tenta così di salire nel treno delle proposte più massificate. Vertikal viene riproposta di nuovo, con l`aggiunta di un testo, e la nuova versione, inserita ufficialmente in scaletta, peggiora non di poco la traccia `bonus` del disco precedente. Ben migliore è I Can`t Tell, accreditata a Henrik Johannson (ma credo si tratti di Johansson), che con la sua trascinante carica energetica dal sapore latino ha tutti i numeri per diventare un piccolo hit. Ma il disco, molto cinematico, delude soprattutto nelle scritture originali che sono più grossolane rispetto al passato e non riescono a ritagliarsi uno spazio nella memoria. Anche gli arrangiamenti strumentali, di conseguenza, subiscono una prevedibile normalizzazione che assimila la Qrella a molte delle troppe proposte che ci sono in giro. Un vero peccato.
|