Vorrei che la scheda stampa che questi due musicisti mi hanno mandato campeggiasse nella homepage di SandS per mostrare come si deve fare per approcciare uno scrittore di recensioni musicali, sia che si tratti del caporedattore di The Wire o di uno sfigato qualsiasi come il sottoscritto. Nel caso di questi due musicisti, voce e chitarra (ma non manca la batteria in alcuni pezzi) si evita lo sgradevolissimo pompaggio delle aspettative con roboanti dichiarazioni di intenti o sciorinamento di meravigliose esperienze passate. Capita così che queste sette canzoni (ode anche alla ormai rara sintesi) scorrano in tutta la loro semplice e lodevole gradevolezza. Poco importa se mancano elementi di chissà quale originalità , se la voce si rifà forse un po` troppo a modelli indie mainstream (Billie Joe Armstrong dei Green Day il primo a venirmi in mente): le canzoni ci sono, i testi non sono male e colgono nel segno raccontando storie di `pendolarismo del cielo` (la bella Sky Commuter) e viaggi di lavoro. Un tema - forse perchè caro al sottoscritto - forse mai affrontato come concept album, affascinante e qui meravigliosamente declinato per chitarra acustica e voce. Due vecchi amici ritrovati ci raccontano di «facce incrociate nelle stazioni, di libri letti e musica ascoltata durante le attese, un concentrato di nostalgia di casa ed incapacità di restare fermi in un unico posto» [dalla succitata scheda stampa].
Ottima la produzione pulitissima (di Stefano Negro e Matteo Tabacco) e, alla fine, assolutamente decenti anche le modeste grafiche del jewel box, perfetta veste per questo perfettamente riuscito e orgoglioso esempio di umiltà discografica. Peraltro scaricabile in rete gratuitamente su Bandcamp.
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