Disco post-free piuttosto classico nell'impostazione, con richiami sia alla tradizione europea sia a quella chicagoana, seppure si noti la presenza di Korhan Erel al computer. Si nota anche l'assenza della batteria e la presenza del violoncello, al posto del contrabbasso, ma questi sono elementi che fanno ormai parte della quotidianità anche nell'improvvisazione di matrice jazzistica. E piuttosto consueti sono sia i numerosi passaggi rabbiosi sia quelli più pacati (quali il meditativo Stop), così come l'onomatopea di molti altri frammenti. L'incontro fra il sassofonosta - flautista olandese Lotz e l'ensemble Islak Köpek (formato essenzialmente da musicisti di origine turca) lasciava sperare in una più coraggiosa azione contaminatoria, speranza incoraggiata dal luogo delle registrazioni ben mostrato nel titolo del disco, che al contrario trovo essere piuttosto timida. Così stando le cose non posso far altro che consigliarlo solo a coloro che si cibano di post-free jazz a colazione, pranzo e cena, nonchè all'ora del classico tè pomeridiano.
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