Gocce cristalline di chitarra, trattamenti elettro-elettronici, talvolta le corde di un pianoforte, la sua tastiera, una batteria, qualche voce, magari recitante, sono pochi gli elementi a disposizione di Stefano De Ponti, giovane autore che meriterebbe molta più attenzione di quella che possono creare alcuni dischetti-erre praticamente autoprodotti. I due lavori di cui mi occupo racchiudono le musiche di scena per rappresentazioni rispettivamente delle Compagnie NUT e Menoventi. Mi piacerebbe assaporare entrambi i lavori nel loro contesto, per comprenderne pienamente il valore e per tastare l`effettiva sagacia dell`autore nell`associare i suoi suoni al contesto delle arti visive. Non che abbia dei dubbi su tali qualità , visitando il suo sito ho scoperto infatti un fotografo il cui gusto si equipara a quello del musicista e, forse, è proprio questa constatazione che ha mosso il mio interesse. Le due raccolte funzionano comunque molto bene anche staccate da loro contesto, quello delle rappresentazioni, così leggiadre sia quando appaiono più immobili sia quando si abbandonano alle pulsioni ritmiche (L`uomo della sabbia, Intermezzo, Anello di sipario, La canzone di Olimpia) e a più facinorosi crescendo (White Bird, Nataniele, Anello di sipario), o sembrano addirittura sprofondare nel caos (The Wayfarer, La follia di Nataniele). In bocca al lupo per il lavoro futuro, mi sembra che Stefano De Ponti lo meriti.
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