Nei pochi secondi di durata del primo brano, Welcome To San Francisco, si sente un aereo che atterra e una voce aeroportuale che fa gli onori di casa... Benvenuti a San Francisco!!!
La San Francisco di Diaz-Infante non è però quella dei fiori che Scott Mckenzie invitava a visitare nel 1967. Flowers ce ne sono, ovvio, e c'è pure la Yerba Buena, ma c'è anche qualcosa di diverso e qualcosa di più. Ci sono i tramonti nella baia, la nebbia mattutina e le vibrazioni indotte dal traffico sul Golden Gate Bridge. Ci sono la nervosa città Uber Alles di Jello Biafra e le Dock Of The Bay di Otis Redding. C'è tutto questo, alcuni brani sono stati addirittura registrati ai Jefferson Airplane Studios, ma si tratta di segnali confusi e diluiti in un disco che offre ancora molto di più. La San Francisco di Diaz-Infante è complessivamente più ricca rispetto alla sommatoria dei suoi singoli aspetti, ed esce fuori meravigliosamente a dispetto della povertà messa in opera per queste registrazioni (...«a Sony Portable MiniDisc Recorder and a Tascam Portastudio 4-track»).
E` una ricchezza dovuta soprattutto all'eclettismo di Diaz-Infante, che suona Bajo Sexto acustico e amplificato, chitarra acustica con corde in acciaio, chitarra backpacker acustica, singing bowl (una ciotola metallica che si suona tipo 'bicchiere', di origine tibetana), Tampura elettronica, voce e registrazioni di ambienti.
Ad alcuni momenti particolarmente evocativi e celestiali, soprattutto quelli con la singing bowl, fanno seguito alcuni pezzi la cui struttura ripetitiva a pensare a un Terry Riley incattivito (Sun Hypnotic!, Yerba buena, Palais Idéal, La Casa Encendida, Shellacking The Sidewalk e The Pedestrian Tunnel At The Conservatory Of Flowers).
San Francisco forever, quindi, con la città e la sua baia che restano culla e ricettacolo di creatività .
C'è da dire, caso mai, che anche lì i sogni collettivi lasciano pian piano il posto a una solitudine esacerbante.
|