«Ma QUEI Gronge?» chiedo a Mario Biserni quando mi gira la mail di Federico Leo che propone di recensire “Dolci Ricordi”. Ebbene sì, sono proprio il gruppo romano storico del punk ed oltre, che ai tempi di “Tecnopunkabaret” era in prima linea su tutta la stampa diciamo alternativa. Li conosco però meno di quanto vorrei, quindi l`approccio a questa recente fatica discografica è cauto, circospetto, quasi neutrale. Quindi il cazzotto in faccia mi arriva bello dritto, proprio quando avevo cominciato a sorridere, anzi, a ridere di gusto all`ascolto già del secondo pezzo, il cui fulminante testo è la semplice sequenza di scritte sui muri romani. E poi meglio ancora fanno con Il corpo della nazione che, con la sua bella base elettronica, sciorina con saggezza e ironia frasi da incorniciare su come mai «si diventa un pochino misantropi» in questo paese in declino rapido. Il disco procede poi di bene in meglio, irresistibile per i testi caustici, sarcastici, acuti, taglienti e grandiosamente recitati dal Bedini, ma anche ottimo dal punto di vista musicale, con le sue cadenze variabili scandite da una batteria che non manca mai di mettere dei tocchi fantasiosi, un basso semplicemente perfetto e una chitarra che disturba con graffi precisi o accompagna con melodie sognanti che piacerebbero ai fan dei Cure (come me). C`è una piccola caduta di attenzione nella seconda parte, dove forse si sarebbe potuto tagliare qualcosa, ma basta il finale `anthemico` al coro di De Filippi`s dead per sparare questo piccolo rabbioso capolavoro in testa alla mia classifica di ascolti di questo primo quarto di 2013.
I Gronge li vorrei vedere in prima serata su Rai 1.
Al posto di Studio Aperto per almeno una settimana.
Ospiti di Santoro, Mentana, Vespa. E pure della De Filippi.
A casa mia, quando sono depresso e incazzato per le elezioni.
In tutte le strade.
C`è bisogno di Gronge, oggi più che mai.
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