Ho sempre avuto fiducia nell`ingegno creativo di Andrea Belfi, anche quando è sembrato essere troppo in balia dei venti, e la sua forte determinazione lo ha definitivamente portato nel gotha della musica sperimentale europea. Ne sono dimostrazione questi CD, a loro modo speculari, pubblicati per importanti etichette di culto, e nei quali incrocia le armi con due affermati musicisti europei quali sono l`olandese Rutger Zuydervelt (Machinefabriek) e il tedesco Ignaz Schick. I due CD meriterebbero un`attenzione maggiore, ed è semplicemente perchè sono un po` attempati (anagraficamente) che evito di posizionarli nel podio dei top.
L`attenzione maggiore va posta sulla crescita esponenziale del batterista veronese che, come s`era già notato nella produzione targata Hobocombo, s`è fatto più afro, prossimo a mostri sacri come Milford Graves ed Ed Blackwell, e comunque sempre attento alle coloriture, quasi che la mera forza fisica, tipica di ogni batterista, si sia ritirata come acqua nella battigia per far posto alla riflessione e alla fantasia, ritornando comunque con le ondate successive. Fra i due dischi è “Pulses & Places” ad apparire più equilibrato, impregnato da un`armonia determinata magari dalla differenziazione maggiore esistente fra i due protagonisti, e tale equilibrio si manifesta soprattutto nella perfetta miscelatura di beat e suoni lunghi (Machinefabriek utilizza anche organo e chitarra elettrica). Non conosco troppo bene il lavoro dell`olandese, o almeno non tanto da potermi esprimere sul suo conto, ma per quanto riguarda il Belfi posso dire tranquillamente che si tratta di uno dei suoi dischi migliori in assoluto.
In “The Myth Of Persistence...” il suono delle percussioni non è così afro e ligneo, ma i timbri tendono in linea di massima al metallico, finendo per ricordare a più riprese le orchestre gamelan indonesiane, e affini. L`economia generale è spostata verso i beat, ma c`è anche un largo utilizzo dei feedback, cosicchè il risultato ha un orientamento più rivolto verso l`improvvisazione contemporanea e non idiomatica, o elettroacustica, e l`insieme appare più criptico, aspro, disarmonico e frantumato. Si tratta comunque di un disco che, seppur meno immediato dell`altro, conferma lo stato di grazia del Belfi e lo proietta ulteriormente ai vertici della scena sperimentale europea (che poi è quasi tutta concentrata intorno alla città di Berlino). Ma in questo caso, conoscendo un po` meglio l`attività di Schick rispetto a quella di Machinefabriek, posso affermare che anche il tedesco si esprime ai suoi massimi standard e sembra aver trovato nell`italiano una partner quasi ideale.
Ed è già annunciato “Wege”, il nuovo disco solista di Andrea Belfi in uscita per l`australiana Room40.
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