Prima della recensione, allo scopo di capire meglio, m'è sembrato utile riportare “Il manifesto della polipoesia” scritto dall`autore di questo disco.
«1. Solamente lo sviluppo delle nuove tecnologie segnerà il progredire della poesia sonora: i media elettronici e il computer sono e saranno i veri protagonisti.
«2. L`oggetto lingua deve essere sempre più indagato nei suoi minimi e massimi segmenti: la parola, elemento base della sperimentazione sonora, assume i connotati di multiparola, penetrata al suo interno e ricucita al suo esterno. La parola deve poter liberare le sue polivalenti sonorità .
«3. L`elaborazione del suono non ammette limiti, deve essere spinta fin oltre la soglia del puro rumorismo, un rumorismo significante: l`ambiguità sonora sia linguistica che orale ha senso se sfrutta a pieno l`apparato strumentale della bocca.
«4. Il recupero della sensibilità del tempo (il minuto, il secondo), al di fuori dei canoni dell`armonia o della di-sarmonia, perchè solo il montaggio è il giusto parametro di sintesi ed equilibrio.
«5. La lingua è ritmo, i valori tonali sono reali vettori di significato: prima l`atto di razionalità , poi l`atto d`emotività .
«6. La Polipoesia è concepita e realizzata per lo spettacolo dal vivo, si affida alla poesia sonora come prima donna o punto di partenza per allacciare rapporti con: la musicalità (accompagnamento o linea ritmica), la mimica, il gesto e la danza (interpretazione o ampliamento o integrazione del tema sonoro), l`immagine (televisiva o per diapositiva, o dipinto o installazione, come associazione, spiegazione, ridondanza o alternativa), la luce, lo spazio, i costumi e gli oggetti.»
In seconda battuta è ancor più utile riportare quanto scritto nelle note che accompagnano il CD: «...every sound herewith produced, however strange it appears, has been made by my own voice; pratically 90% of this CD, the remain 10% comes from the catalogue of special effects attached to the software...»
A buon intenditor poche parole, e potrei ben terminare qui....
Ma il lettore chiede un'opinione... addirittura fa pressing... e allora qualche parola devo pur dirla.
Giustamente nelle note sta scritto che l'uso della sola voce può apparire improbabile, e sicuramente in un disco così ricco di suoni e soluzioni che fanno pensare ad un`opera di moderna musica elettronica tale ipotesi sembra poco credibile. Eppure questo è un dato di fatto: «...ogni suono riprodotto è stato fatto con la mia stessa voce...».
Ma cos'è "Fame": Elettronica?... Voce?... Respiro?... Poesia?...
Dimenticate tutto e appropinquatevi all`ascolto di qualcosa ch`è tutto ciò e nulla di tutto ciò. Così come vi conviene dimenticare concetti quali techno, industrial, minimalismo e ambient.
“Fame” è allo stesso tempo dissoluzione e creazione.
L`apparato buccale è qui coinvolto nel suo complesso ed è chiamato nella sua complessità alla creazione di polifonie estremamente multiformi e articolate. Si va dal classico verso del trotto alla galoppata technoide e/o dai frame ripetitivi ai suoni onomatopeici. Il tutto «all`insegna del buon corsiero».
Il gossip vuole Enzo Minarelli in pista da vari decenni, autentico talento di culto, tanto che su `discogs` una compilation su casetta in cui è presente un suo brano (“The Voice / La Voce” prodotta nel 1983 dal mitico Vittore Baroni) è quotata, a seconda del suo stato di conservazione, dagli €65 agli €150. E una sorte simile è riservata ad altri materiali simili che vedono coinvolto il suo nome.
Meditate gente, meditate.....
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