Raramente dischi di generi per loro stessa natura chiusi su sè stessi sanno muoversi oltre quel pur piccolo scarto che li sappia rendere in qualche modo speciali ed originali, ancor mantenendo le caratteristiche che permettono loro di restare iscritti nella nicchia del proprio genere. E la nicchia di cui parliamo qui è buia, fredda, umida ed anche piuttosto piccola. Si tratta della cripta ruvida della dark ambient, dell`isolazionismo, dei riverberi e delle frequenze basse. Questo “Sator” non sfugge agli stilemi di genere, ma nonostante questa sua in qualche modo `classicità `, riesce incredibilmente a operare quello scarto di cui sopra. Sarà forse la gran quantità di strumenti con cui queste basse frequenze riverberate sono create (dai synth ai modulatori di frequenze fino alle chitarre ma passando dagli strumenti etnici e non meglio identificati `metalli ed oggetti`), o forse per il fatto che il disco è fatto a quattro mani; diremmo a sei anzi, dato che compare anche Daniela Gherardi, compagna di Giuseppe Verticchio, che appunto con Andrea Marutti ha confezionato questo tetro e difficile lavoro. Ode a loro tre dunque (senza dimenticare Mauro Berchi di Eibon, curatore della grafica e del packaging, davvero bello), ed a tutti coloro che hanno pazienza ed orecchie per saper apprezzare le nascoste raffinatezze di prodotti del genere, che trovano forse il loro picco di qualità nella lunga (come tutte le altre, del resto) traccia Arepo, in cui le sotterranee melodie di synth sanno perfino dare un tono di celata dolcezza ad una musica piacevolmente ipnotica, greve e lentissima.
Per tutti coloro che già apprezzano i lavori di Amon o Nimh in solo, un disco assolutamente imperdibile; per coloro che per la prima volta nella loro vita volessero accostarsi a questo genere, forse l`occasione buona; per i fan sfegatati dei Negramaro, la tortura che gli augurerei se oggi non mi fossi svegliato di buon umore.
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