Décembre 1905, c`est l`époque des cadeaux. C`est aussi la période où des millions de Français vont échanger leurs vœux au moyen de cartes postales. C`est l`instant que choisit la Maison TEBEHEM 23 rue Tronchet à Paris, pour lancer sur le marché, à grands renforts de publicité, une nouveautè «sensationnelle»: La carte postale qui parle: LA SONORINE.
Le principe est simple. Expéditeur et destinataire doivent ªtre en possession d`un phonographe spécial, comportant deux pavillons amovibles. La petite fille enregistrait un message parlè sur une carte «SONORINE» à l`aide d`un pavillon. La grand-mère, à la réception de la carte, l`auditionnait sur le mªme type d`appareil à l`aide d`un autre pavillon.
Et si la grand-mère était en possession de cartes vierges elle pouvait envoyer sa réponse à la petite fille.
Cela peut nous paraître banal, mais à l`époque où les phonographes s`actionnaient à la manivelle (pour les privilégiés qui en possédaient) avec aiguilles de métal ou de bois, il s`agissait d`un tour de force. Quelle innovation que la possibilitè d`expédier sa voix à distance, pour 10 centimes ! (dal sito pageperso.aol.fr/cartepostalemuse/DISQUESindex.html
Le `sonorine` erano cartoline-fonografo introdotte in Francia all`inizio del `900, ma in realtà non ebbero mai una diffusione di massa perchè il destinatario doveva essere in possesso, per poterle ascoltare, di un apparecchio audio-grafico eguale a quello del mittente. In pratica si trattava del primissimo tentativo di quella che con il nastro magnetico prima e con il calcolatore elettronico poi sarà la registrazione casalinga. E proprio alle sonorine si è ispirato Justin Hardison (aka My Fun) nella realizzazione di quello che è il suo piccolo capolavoro, pensando cioè i vari brani come altrettante cartoline sonore. Alla base di tutto ci sono delle registrazioni d`ambiente e l`idea è quella di ricreare dei piccoli quadri d`ambiente sonoro, ma il tutto è comunque dotato di una musicalità molto prominente e anche dal punto di vista della struttura i brani mostrano una complessità che, comunque, non approda mai dalle parti della pura e semplice astruseria. Il breve risveglio iniziale, con impresso il canto del gallo e di uccelli su un fondo di fruscii da vecchio disco, può dare un`impressione errata, cioè quella di registrazioni lasciate troppo a se stesse, cioè di assenza dell`aspetto compositivo, ma la realtà dei brani successivi parla un altro linguaggio, se si esclude il fugace passaggio di A Field In Freilassing, e allora sono fiotti di suoni para-organistici, voci sommerse, concerti di campane, marosi di risonanze scabre, arpeggi di tastiere giocattolo, frastuoni arcani, grida di gabbiani dalle discariche della quotidianità e ritmature torbide. “Sonorine”, se pensiamo che l`autore è un musicista britannico, è un disco di musica concreta anomalo e forse per questo ancor più affascinante. Un doppio grazie a Justin Hardison: per il bel disco e per averci fatto conoscere un interessante episodio della storia fonografica. Non si finisce mai d`imparare.
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