In innumerevoli aspetti della vita l'equilibrio è cosa difficile da raggiungere e mantenere. Non fa eccezione la musica, ed è quindi assai difficile trovare dei dischi che si possano dire equilibrati dall'inizio alla fine, come questo "Tropism" di Bexar Bexar, artista texano alla sua seconda prova.
Già nel precedente "Haralambos" la mistura di chitarre e suoni elettronici era ben riuscita, ma forse - appunto - un po' sbilanciata verso questi secondi e verso anche una forse eccessiva `melensaggine` dei toni. Qui invece il mix (certamente non nuovo) riesce ancor meglio, con le note di chitarra che si appoggiano su delicatissimi tappeti di suoni trattati, forse field recordings, giocattoli, o ancora la chitarra trattata.
Il disco si presta quindi sia ad un ascolto distratto, da sottofondo, sia ad uno invece attento ai tantissimi particolari sparsi tra il tappeto di rumorismi e gli strati delle chitarre. Si potrebbe parlare di un riuscito incrocio tra Minamo (ma molto meno intriso dei tipici suoni glitch à la 12K) o Kiritchenko (epurato delle asprezze), e i Durutti Column meno marcatamente ritmici. O forse lo stile chitarristico di Bexar Bexar è così malinconico, rarefatto, pieno d'attese e d'evoluzioni lente, da essere non molto distante dal nostrano Nicola Ratti. Fatto sta che, in qualunque degli infiniti punti di contatto tra tante musiche possibili si collochi "Tropism", resta certo che si tratta di un disco più che bello: equilibrato.
Unica pecca: alcuni brani sembrano finire un po' tronchi, all'insegna di un minimalismo produttivo eccessivo, che tocca anche la grafica, non brutta ma forse troppo semplice per il digipack raffinato. Pare che tale minimalismo sia parte della filosofia della peraltro ottima Own Records (guardatevi il sito per farvi un'idea). Del resto, la musica prodotta dalla label lussemburghese è davvero sempre d'alto livello (da Uzi & Ari ai grandiosi Gregor Samsa): l'importante è quello.
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