Autore disco: |
ARC Trio // Micheal Dessen |
Etichetta: |
Circumvention music (USA) |
Link: |
www.circumventionmusic.com www.castorandpolluxmusic.com/ARC/ www.mdessen.com |
Email: |
|
Formato: |
CD // CD |
Anno di Pubblicazione: |
2006 // 2007 |
Titoli: |
1) Ballad Of The Credit Card Millionaire 2) It's What You Do 3) Still Time, Quiet Time 4) Sundials I 5) Faith Tested 6) Triptych Mirror 7) Path of The Holy Spirit 8) Manic! Manic!! Manic!!! 9) Last Chance To Say Goodbye // 1) What Space Can Hide The Liberty Of a Line 2) Levity in Detail 3) Lineal 4) Not Minutes, But Breaths 5) The Eye Is The First Circle 6) Something Singular (for E.D.) 7) Flecha 8) Duo |
Durata: |
63:31 // 53:12 |
Con: |
Rick Helzer, Justin Grinnel, Nathan Hubbard // Micheal Dessen, Mark Dresser, Vijay Iyer, Susie Ibarra, Bob Weiner, Jorge Roeder, Terry Jenoure |
|
La West Coast del sobrio e vitale new jazz |
x sergio eletto |
|
Un clima estivo serale, la leggiadra brezza che invade la pelle e rinfresca la mente, diviene la scenografia ideale per immettere nel lettore e accostarsi al sofisticato, a sprazzi brioso, `light` jazz dell`ARC Trio. Un`altra di quelle nuove creature impro-jazz che ci sopraggiunge dalla fruttuosa fucina gravitante attorno la West Coast. Tutti della medesima estrazione geografica, quindi, i membri del trio: da Rick Helzer al piano, a Justin Grinnel al basso, per finire alla ritmica di Nathan Hubbard; come saprete, co-fondatore della suddetta label, nonchè attivo agitatore di tutta la scena californiana. Quello che bolle in pentola, di sicuro, non fa di “Triptych Mirror” un trattato di spericolato e informale jazz border-line, indi cui, non siamo prossimi ai precedenti works di casa Circumvention. Ciò che i nostri neuroni assaporano, invece, è un jazz delicato, armonioso, mai eccessivo, che mostra una gentile sobrietà , tenuta ben d'occhio, anche quando a formarsi sono intervalli di matrice (del tutto) improvvisata. Un target, dunque, mesto dove risalterà con costanza l`intervento della tastiera di Helzer, gli innesti quasi onirici del vibrafono di Hubbard e la ricerca di minuziose e particolari armonie, inserite a piccoli dosi, tra perenni sali e scendi di timbriche jazz classiche. Siamo dalle parti di Anthony Coleman e di una certa schiera di jazz newyorkese post `90 dalla facile azione melodica. Va premiata, comunque, la scioltezza nella tecnica e la completa presenza di partiture originali, firmate a turno dai tre `militi`.
Più `spavaldo` e temerario, al contrario, si presenta “Lineal”, firmato dal solo Micheal Dessen, trombonista e compositore sud californiano, alla cui chiamata per questo debutto solitario rispondono un discreto `gruzzoletto` di nomi hot della downtown e non: Mark Dresser (c.basso e violoncello), Susie Ibarra (batteria), Vijay Iyer (piano), Bob Weiner (batteria) e Jorge Roeder (c.basso). Come vedete, vi è la presenza doppia della sezione ritmica, perchè Dessen costruisce le otto composizioni del cd, mediante l`adopero di due formazioni distinte: un quartetto in cui il suo trombone viaggia prevalentemente insieme alle pelli della Ibarra, al piano di Iver e al basso di Dresser; un altro dove scorgiamo sempre Dessen spalla a spalla con la ritmica di Weiner e Roder e in The Eye Is The First Circle anche insieme al violino di Terry Jenoure. Altra peculiarità è incarnata dal leit motiv, issato su ispirazioni tutte diverse le une dalle altre, costellando “Lineal” di note anarchiche che con altrettanta libertà (si) infondono lo spirito evocando e omaggiando determinati poeti e scrittori: quali il sudamericano Horacio Costa, artisti pittorici tra cui Mariángeles Soto-Diaz e Lee Krasner, il male moderno, tristemente rappresentato dalla guerra in Irak, ed infine istituzioni della new thing come Eric Dolphy. Con un simile caleidoscopio, non può che manifestarsi `mobile` l`azione sonora impugnata, una parabola scritta tra brandelli di speed-jazz (What Space Can Hide The Liberty Of a Line, Not Minutes, But Breaths) e incursioni in zone `asettiche` e spigolose; complice il tocco con l`archetto di Dresser nella cupa Something Singular e il prolungato diradarsi tra ben congegnate melodie impro di Flecha. Non manca un esercizio di completa improvvisazione (estemporanea) il quale, posto al termine della scaletta, immortala Dessen e la Ibarra in un emblematico e istantaneo Duo.
Un punto in più a “Lineal” per la teoria, per la pratica e per il suo mentore che tanto collima con i bollenti spiriti esplorativi, dentro lo strumento e fuori nel mare aperto della musica, di un precoce George Lewis in piena era AACM.
|