La premessa che segue è uno sfizio personale prima di parlare di un CD che altrimenti potrebbe essere liquidato con un poco indicativo 'è un disco di field recordings'. Field recordings è diventato uno dei termini più ricorrenti, e spesso utilizzato a sproposito, il cui significato vuol dire un po` di tutto e, come sempre in questi casi, non vuol dire niente. La traduzione letterale è 'registrazioni sul campo', ma causa la sua bruttezza è preferibile utilizzare il più garbato 'registrazioni nell'ambiente'. Ma una definizione simile si può applicare a numerose situazioni che non hanno affatto un comun denominatore estetico, una registrazione nell`ambiente può essere ad esempio:
- la registrazione in ambienti naturali di suoni e/o fenomeni come quelli degli uccellini che cantano e/o dell'acqua che scorre;
- la registrazione di suoni urbani e/o di strutture industriali che hanno come input un`azione indiretta dell`uomo;
- la registrazione di suoni che hanno come input un`azione diretta dell`uomo, come ad esempio può essere il suono prodotto da persone che camminano nella ghiaia;
- la registrazione di suoni procurati, come possono essere quelli di persone che camminano nella ghiaia allo scopo di effettuare la ripresa sonora;
- la registrazione di strumentisti-cantanti popolari e/o di strada riprese direttamente nel loro habitat;
- la registrazione di strumentisti-cantanti che hanno deciso di registrare la loro musica sullo sfondo di ambienti naturali invece che in uno studio di registrazione.
I primi tre casi, ad esempio, hanno un`origine comune che sta nell`intenzionalità di che effettua le registrazioni ma non in quella di chi produce i suoni, eppure non danno un risultato estetico comune (sommariamente è possibile dire che nel primo caso il risultato sarà prossimo a sonorità new age, nel secondo a sonorità noise e/od industrial e nel terzo caso a fenomeni sonori ciclici e/o ripetitivi). Diverso è il quarto caso che, come risultato, potrà essere simile al terzo, ma si differenzia da esso perchè c`è intenzione sia nella produzione dei suoni sia nella loro registrazione. Gli ultimi due casi si differenziano da tutti gli altri, pur apparendo simili fra loro, in quanto c`è allo base l`intenzione di creare una musica con strumenti appositamente costruiti a quello scopo, ma nel primo l`intenzione di effettuare la ripresa in quell`ambiente è di chi effettua le registrazioni, e la ripresa può avvenire senza che lo strumentista-cantante ne sia a conoscenza, mentre nel secondo caso l`intenzione è soprattutto dello strumentista-cantante ed il tecnico appare come uno degli strumenti utilizzati per raggiungere lo scopo (in quest`ultimo caso io preferisco parlare di `registrazione ambientata`). Insomma è un gran casino, e il casino aumenta in quei casi in cui i vari modelli di `field recordings` si commissionano nelle combinazioni più svariate, senza considerare tutte le manipolazioni elettro-elettroniche possibili.
E` il caso di Andreas Bertilsson che usa mescolare suoni strumentali, voci, registrazioni d`ambiente di suoni spontanei e/o procurati. Nello specifico di “Paramount” ci sono uccellini che cantano, porte (?) che cigolano, acqua che si muove, una voce (quella dello stesso Bertilsson?) che recita un breve testo del poeta Per Linde, percussioni assortite, il contrabbasso di Adam Lindblom.... Il completamento del disco è stato ritardato da guasti al calcolatore, con conseguente perdita di dati, e la sua stesura è stata influenzata (per quanto ho capito) da presenze intangibili che frequentavano la casa di campagna dove l`autore ha vissuto per tutta una prima fase, durata più di un anno, dedicata alla lavorazione della composizione, ed è stata infine completata dopo una seconda fase - dal settembre 2006 al febbraio 2007 - passata in quel Malmö. Non è dato sapere quanto l`autore abbia giocato su queste vicende, magari amplificandole, al momento di presentare pubblicamente il lavoro finito, fatto sta che da esso si irradia una musica carica di mistero e profondamente oscura, non tanto perchè notturna quanto perchè di indole, contenuto e origine indefinita. Rispetto al precedente CD su Komplott, il delizioso “The Bird You Never Were” pubblicato con l`alias Son Of Clay, le differenze sono notevoli, pur non essendo cambiati i metodi di lavoro. Innanzitutto quello era diviso in tanti piccoli bozzetti mentre questo è compattato in un`unica composizione, seppure divisa in tre parti, in secondo luogo quell`esplosione di colori (delicatamente affabile) è sostituita da un blocco che attira in maggior misura proprio a causa delle sue proprietà respingenti. E se quello aveva la facoltà di imprimersi negli organi sensori fin dall`inizio questa abbisogna di più e più ascolti, per essere assaporato e scoperto piano piano. Solo allora emergono la dovizia di particolari, la qualità e l`accuratezza delle registrazioni, il notevole senso del movimento e la grande arguzia compositiva. E, alla fine, l`impatto è notevole. Il percorso è piuttosto classico, e non particolarmente originale, con un inizio quieto ed un epilogo catastrofico, ma i geroglifici che lo costellano nobilitano il tutto di una sua immaginifica astralità .
Impagabile... e ben al di sopra dei soliti papaveri che ormai, qualunque cosa facciano, vengono trattati bene per definizione.
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